L'Ue cerca di svincolarsi dalla dipendenza dalla Cina per le terre rare, ma si scontra con dilemmi etici e geopolitici in Ruanda, Serbia e Congo. Intanto, USA e Cina alzano la posta
Mentre l’America lancia nuove tariffe e la Cina risponde con controlli sulle esportazioni di metalli rari, si sta giocando una partita cruciale lontano dai riflettori: quella per il controllo delle materie prime critiche.
Il recente scontro Usa-Cina ha riportato sotto i riflettori l’estrema dipendenza occidentale dalle terre rare, utilizzate in tutto: smartphone, auto elettriche, armi, tecnologie green.
L’Europa dipende dalla Cina per il 100 per cento delle terre rare pesanti
L’Unione europea si trova in una posizione delicata: importa tutte le terre rare pesanti dalla Cina. Con la legge sulle materie prime critiche (CRMA), Bruxelles ha fissato obiettivi ambiziosi per il 2030: estrarre il 10 per cento dei bisogni, lavorarne il 40 per cento delle importazioni di qualsiasi materia prima.
Il dilemma etico: Kigali e il coltan di sangue
Nel tentativo di diversificare le fonti, Bruxelles ha stretto 14 partenariati strategici dal 2021. Ma il caso Ruanda apre un dilemma morale. Accusato di sostenere i ribelli dell’M23 attivi nel ricco est del Congo, Kigali è sospettata di contrabbandare coltan — minerale contenente tantalio — verso l’UE. Le recenti sanzioni europee sono arrivate solo dopo forti pressioni internazionali.
Bruxelles tra realpolitik e credibilità
Nonostante l’allarme lanciato da ONG come Global Witness, che denuncia l’ingresso nell’UE di minerali di conflitto, Bruxelles non ha (ancora) sospeso il partenariato con il Ruanda. L’equilibrio tra approvvigionamento e valori è fragile. Come ha scritto Roel Dom, analista di Bruegel: “La corsa ai minerali può minare gli impegni per la pace e la governance democratica.”
Norvegia: il nuovo fronte artico
Oltre alle relazioni esterne, l’UE guarda anche all’estrazione interna, in particolare nel nord Europa. La Norvegia — non UE ma integrata nel mercato unico — sta valutando l’estrazione di metalli rari sul suo territorio, ma anche sui fondali marini artici, sollevando forti critiche dagli ambientalisti. Il futuro di queste attività è legato alle elezioni di settembre.
Anche Trump punta ai fondali marini
Gli Stati Uniti, dal canto loro, non stanno a guardare. Dopo un ordine esecutivo per aumentare la produzione nazionale, l’amministrazione Trump valuta l’estrazione in acque profonde, aggirando la Convenzione ONU sul diritto del mare. L’approccio unilaterale ha attirato critiche, ma potrebbe segnare l’inizio di una nuova corsa globale per le risorse.
Il futuro delle terre rare è geopolitico
Dalla Serbia al Vietnam, dalla RDC ai fondali artici, la competizione per i minerali rari mostra che la transizione green e digitale ha un’anima profondamente geopolitica e morale. La sfida non è solo ottenere l’accesso alle risorse, ma farlo senza rinunciare ai principi che l’Europa dice di voler difendere.