Proviamo a spiegare i dubbi sollevati dall'intervento del governo italiano per salvare il "modello Albania" dopo la bocciatura dei giudici di Roma. La questione rischia di essere più politica che giuridica
L'Italia è corsa ai ripari approvando lunedì un decreto che corregge l'invio di richiedenti asilo in Albania, dopo la sentenza del Tribunale di Roma che ha ordinato il ritorno dei primi migranti mandati in Centri di rimpatrio (Cpr) fuori dai confini Ue.
Il governo di Roma considera ora sicuri per il rimpatrio 19 Paesi anziché 22. La lista è contenuta in un decreto legge (aggiornabile annualmente tramite confronto con il Parlamento), quindi in una norma di rango superiore rispetto al precedente decreto interministeriale.
Basterà a mettere al sicuro il "modello Albania", a cui buona parte dell'Europa guarda, da nuovi intoppi? Vediamo.
Restano nella lista dei Paesi sicuri il Bangladesh e l'Egitto
I giudici di Roma hanno applicato una sentenza della Corte di Giustizia europea che, richiamando il diritto europeo, argomenta che un Paese per essere considerato sicuro deve esserlo in ogni sua parte e anche per determinate categorie di cittadini, come per esempio dissidenti politici o persone Lgbtq+.
Al centro del caso giudicato dalla Corte a inizio mese c'era la Moldova, considerato "non sicuro" se un richiedente asilo è originario della Transnistria, una regione filorussa che si è dichiarata indipendente.
La settimana scorsa i giudici italiani hanno applicato lo stesso principio ai 12 migranti provenienti da Bangladesh ed Egitto, che erano stati spediti nel cpr di Gjader.
Questi due Paesi, nonostante le accuse sui diritti civili e la repressione degli oppositori politici, sono stati inseriti sei mesi fa nella lista italiana dei Paesi sicuri e figurano anche nella versione del nuovo decreto legge italiano.
La lista ora include: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
Dal novero delle destinazioni sicure sono stati rimossi dunque solo Camerun, Colombia e Nigeria, in quanto presentavano problemi in alcune parti del loro territorio, per quanto almeno altri dodici versino in condizioni analoghe (solo Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Kosovo, Macedonia del Nord e Montenegro sono ritenuti completamente sicuri).
L'Italia si appella al nuovo Patto Ue su migrazione e asilo
La valutazione sulla sicurezza di un Paese è affidata a singoli Stati Membri, sulla base di direttive comuni dell'Ue che ne definiscono i parametri e delle indicazioni di vari organismi internazionali, ma anche di informazioni riservate delle intelligence nazionali.
In Italia l'esame è condotto dai ministeri della Giustizia e degli Esteri. Il governo ha commentato che l'ordinanza dei giudici romani esclude di fatto il meccanismo dei rimpatri accellerati voluto dall'Ue. Secondo l'esecutivo, quelli in Albania non sono altro che gli hub di rimpatrio indicati nel nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, approvato dai 27 lo scorso aprile.
Questa affermazione, secondo diversi giuristi, rischia di essere più politica che altro visto che l'accordo comprende un complesso più ampio di regolamenti ed entrerà in vigore solo nel giugno 2026.
"Il Patto mantiene l'approccio attuale, chiedendo verifiche sulla sicurezza dei Paesi d'origine e comunque per i prossimi due anni vale la normativa vigente", ha commentato a Euronews il giurista Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà di Trieste (Ics).
I giudici potranno intervenire sul prossimo invio di migranti?
Schiavone ha smentito fermamente anche che il nuovo decreto legge che individua i Paesi sicuri è una norma che "non potrà essere disapplicata dalla magistratura", come ha sostenuto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
"Se c'è contrasto con una norma nazionale, il giudice deve applicare il diritto dell'Unione Europea, che è legge per gli Stati membri" argomenta Schiavone.
"Nel caso di futuri invii di migranti in Albania, ogni caso dovrà essere valutato a sè. Il cuore della questione è che il governo italiano è insofferente alla norme in materia e vorrebbe essere libero di prendere decisione politiche".
È per questo probabilmente che le nostre autorità e quelle europee hanno accennato più volte a un cambio delle regole che favorisca un maggiore controllo sui flussi migratori.
La "sicurezza" potrebbe essere un modo per contenere i flussi?
Secondo l'accordo concluso con Tirana, in Albania vengono inviati solo migranti in condizioni non vulnerabili (sono escluse perciò donne, minori o persone in cattiva salute) e solo originari di Paesi considerati sicuri.
Per questi richiedenti asilo l'Italia applica una procedura di frontiera definita "accelerata", senza cioè tutti gli approfondimenti e le garanzie previste per l'accoglienza dei migranti.
L'ottica è che, nell'ipotesi che la protezione internazionale venga negata (come può avvenire comunque per qualsiasi richiesta di asilo), si potrebbe procedere più facilmente al rimpatrio dei migranti.
"È una mossa esclusivamente politica, che non ha contenuto giuridico" ribadisce il presidente dell'Ics Schiavone.
I dati sugli arrivi di migranti in Italia via mare, raccolti dal portale dedicato dell'Unhcr, sembrano spiegare perché Bangladesh e Egitto siano ancora considerati dei Paesi sicuri per i rimpatri, nonostante l'ordinanza della magistratura di Roma sostenga il contrario.
Finora nel 2024, il Bangladesh è stato il primo Paese di provenienza dei richiedenti asilo con 10.380 persone su un totale di quasi 55mila arrivi. Al secondo c'è la Siria che difficilmente può essere considerato sicuro dopo la guerra civile.
La Tunisia, con cui l'Ue ha firmato un'intesa che include il controllo delle partenze per iniziativa di Giorgia Meloni e della presidente della Commissione Ursula von der Leyen (e nonostante le accuse sullo stato di diritto da parte di molte organizzazioni), è al terzo posto. L’Egitto è al quarto, con 3.207 migranti accolti in Italia negli ultimi dieci mesi.