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Italia e migranti: tra hotspot, accordi bilaterali e il primo test del Patto europeo

Migranti soccorsi a 20 miglia di Lampedusa in zona SAR italiana
Migranti soccorsi a 20 miglia di Lampedusa in zona SAR italiana Diritti d'autore  Santi Palacios/Copyright 2021 The AP. All rights reserved.
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Di Euronews
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Il governo Meloni punta su hotspot interni ed esterni, gestione della prima accoglienza e accordi con Paesi di partenza, mentre il nuovo meccanismo Ue è messo alla prova

L’Italia, insieme a Spagna, Grecia e Cipro, è al centro della prima relazione annuale della Commissione sul Patto per la migrazione e l’asilo, che misura la pressione migratoria sugli Stati membri e definisce chi potrà richiedere sostegno dagli altri Paesi dell’Ue.

Secondo il meccanismo, l’Italia rientra tra i Paesi con un “livello sproporzionato di arrivi”, anche se gli sbarchi irregolari in Ue risultano in calo del 35 per cento rispetto all’anno precedente.

La Commissione prevede tre modalità di contribuzione: ricollocamento di migranti, aiuti finanziari o supporto operativo e tecnico ai Paesi terzi. Tuttavia, le modalità precise saranno ufficializzate solo dopo l’approvazione da parte del Consiglio Ue.

Il governo Meloni guida la politica migratoria italiana con un approccio incentrato sulla prima accoglienza strutturata, il rafforzamento degli hotspot e la cooperazione con Paesi di partenza e transito.

Il sistema di accoglienza a due livelli in Italia

Sul piano interno, l’Italia ha consolidato un sistema di accoglienza a due livelli. La prima accoglienza avviene subito dopo l’arrivo dei migranti negli hotspot, dove vengono garantiti assistenza materiale e sanitaria e completate le procedure di identificazione. Successivamente, i migranti vengono trasferiti nelle strutture territoriali delle Prefetture, dove ricevono servizi essenziali in attesa della definizione della domanda di protezione internazionale.

Il secondo livello di accoglienza è rivolto a titolari di protezione internazionale e minori non accompagnati. Qui, gli enti locali partecipano volontariamente alla rete di progetti, in collaborazione con il terzo settore, per offrire percorsi di integrazione.

La distribuzione delle risorse è gestita attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo e ogni progetto è valutato da una commissione, composta da rappresentanti del ministero dell’Interno, da un rappresentante dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) e da un rappresentante dell'Unione delle province d'Italia (UPI). Compongono, inoltre, la Commissione un rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) ed un rappresentante delle Regioni.

La pressione sui Paesi di frontiera

Storicamente, l’Italia ha dovuto confrontarsi con i limiti del Regolamento Dublino III, che impone ai Paesi di primo ingresso la gestione delle richieste di asilo. Essendo un Paese di frontiera mediterranea, l’Italia ha affrontato flussi concentrati e ricorrenti, spesso senza un meccanismo efficace di redistribuzione tra gli Stati membri.

Questa situazione ha generato polemiche interne e tensioni con Bruxelles, spingendo i governi successivi a cercare soluzioni bilaterali e flessibilità nella gestione dei migranti secondo Dublino.

Accordi bilaterali e hotspot esterni: il caso Libia

Il governo Meloni ha intensificato accordi bilaterali con Libia, Tunisia e Albania, volti a prevenire partenze irregolari, contrastare i trafficanti e agevolare i rimpatri.

Particolare attenzione è stata rivolta agli hotspot esterni, come quelli previsti in Albania, pensati per registrare e gestire temporaneamente i migranti prima del loro eventuale trasferimento in Italia.

Il Patto Italia-Libia ha suscitato numerose polemiche: Ong e associazioni per i diritti umani denunciano le condizioni nei centri libici, accusati di violazioni dei diritti fondamentali e di trattenere migranti in situazioni precarie e pericolose. Le critiche evidenziano anche il rischio che l’Italia venga percepita come complice di pratiche abusive, nonostante l’obiettivo ufficiale sia ridurre gli sbarchi e regolarizzare i flussi migratori.

La sfida del meccanismo Ue di solidarietà

Il nuovo meccanismo di solidarietà Ue rappresenta per l’Italia una sorta di banco di prova. La Commissione ha sottolineato che la partecipazione dei Paesi membri deve rispettare l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità. Tuttavia, eventuali carenze nella gestione interna degli arrivi potrebbero compromettere l’intero sistema.

Per l’Italia, la sfida è duplice: continuare a controllare i flussi tramite hotspot e strumenti nazionali, garantire accoglienza e integrazione e al contempo negoziare efficacemente all’interno del quadro europeo per la redistribuzione dei migranti.

La strategia italiana sotto il governo Meloni resta rigida e selettiva, centrata su controlli, hotspot interni ed esterni, redistribuzione e cooperazione internazionale. L’Italia si confronta con un Patto Ue che dovrà dimostrare di funzionare nella pratica, soprattutto nei casi di pressione migratoria elevata come quella mediterranea.

La sfida principale resta bilanciare sicurezza, accoglienza e rispetto dei diritti umani, in un contesto europeo e globale sempre più complesso.

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