I centri in Albania avrebbero dovuto aprire la strada a hub europei per i rimpatri accelerati dei migranti senza condizioni per l'asilo. Dopo lo stop dei giudici di Roma, il governo Meloni ha approvato il decreto legge sui "Paesi sicuri" per aggirare l'ostacolo giuridico
Il governo italiano ha approvato un decreto legge con la lista aggiornata dei cosiddetti "Paesi sicuri" per i migranti nella serata di lunedì.
''Il decreto riassume in legge di fonte primaria l'indicazione dei Paesi sicuri, si tratta di un elencazione che riguarda 19 Paesi sugli originari 22. Abbiamo escluso il Camerun, la Colombia e la Nigeria", ha dichiarato il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi nel corso della conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri.
Il decreto legge, nelle intenzioni della premier Giorgia Meloni, dovrebbe aggirare il divieto giudiziario di trattenere i migranti nel Centro per il rimpatrio (Cpr) allestito in Albania.
Il Tribunale di Roma, infatti, venerdì scorso non ha convalidato il trattenimento nella città albanese di Gjader dei primi 12 migranti inviati dall'Italia (oltre ai quattro già riportati indietro in quanto "vulnerabili", perché minorenni o con problemi di salute) e ne ha ordinato il ritorno in Italia, avvenuto sabato a Bari.
L'Italia cerca di ridefinire i "Paesi sicuri" per il rimpatrio
Una giudice della sezione immigrazione del Tribunale di Roma ha disposto l'invio dei migranti in Italia a causa dell'impossibilità di riconoscere come 'sicuri' i Paesi di provenienza delle persone trattenute, nel caso specifico Bangladesh ed Egitto.
La decisione è stata presa secondo la giudice "in applicazione dei principi vincolanti" contentuti nella sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 ottobre 2024". La Corte stabiliva che un Paese, per essere considerato sicuro, deve esserlo in ogni sua parte, rimettendo al potere giudiziario la valutazione del caso concreto.
Tuttavia, il decreto interministeriale del 7 maggio 2024 con l’elenco dei 22 Paesi ritenuti sicuri, su cui le autorità italiane si erano basate per selezionare migranti del Bangladesh e dell'Egitto in modo da garantire un debutto "morbido" all'accordo con l'Albania, non rispetta l'indicazione dei giudici europei.
Il decreto definisce infatti sicuri dei Paesi per cui, nelle relative schede stilate dal ministero degli Esteri, riconosce delle eccezioni come per determinate categorie di persone (per esempio i dissidenti politici) o parti di terrritorio.
L'idea dell'Italia è dunque di affidare a un decreto del governo l'indicazione dei Paesi sicuri e di aggiornare questa lista ogni sei mesi. E di farlo attraverso un decreto legge, quindi una norma di rango primario (e non un atto amministrativo), che possa reggere maggiormente l'eventuale confronto con la giurisprudenza italiana oppure europea, nell'annosa questione dei limiti di sovranità tra Ue e Paesi Membri.
Un'altra misura che potrebbe essere adottata dall'esecutivo è la possibilità di ricorrere alle Corti di Appello contro la mancata convalida del trattenimento di un migrante. C'e anche l'ipotesi di dare maggiore peso alle decisioni delle Commissioni territoriali che valutano le richieste di asilo.
Governo e magistratura in Italia divisi sui diritti dei migranti
La maggioranza di governo si è mossa compatta negli ultimi giorni, criticando l'intervento della magistratura come un'indebita invasione di campo del potere politico, come ai tempi degli esecutivi di Silvio Berlusconi e delle sue critiche alle "toghe rosse" (per intendere giudici di sinistra).
Il ministro della Giustizia ed ex magistrato, Carlo Nordio, ha giudicato la sentenza di Roma "abnorme", mentre la premier ha pubblicato un'email del sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello, che ha scritto ai colleghi: "Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte e anche molto più pericolosa".
"Il problema non è di competenze, ma di fondo" ha dichiarato lunedì Tommaso Foti, capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia, il partito della premier. "A decidere se un Paese è sicuro o meno non può essere un giudice ordinario, ma qualcuno al di sopra dei singoli casi" ha proseguito Foti.
L'Unione delle camere penali e l'Associazione nazionale magistrati, le due organizzazioni che rappresentano rispettivamente gli avvocati penalisti e i giudici in Italia, hanno replicato che la decisione è "limitata ad applicare la normativa europea di riferimento" e che lo ha fatto nel rispetto "dei diritti e delle garanzie delle persone".
La bocciatura del "modello Albania" è un problema anche per l'Unione europea
La necessità di accelerare le procecedure di rimpatrio dei migranti, a cui sia stata negata la richiesta di asilo, è una preoccupazione non solo dell'Italia.
In varie occasioni la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e vari Paesi membri (tra cui Grecia, Paesi Bassi e Danimarca, contrari invece Spagna, Francia e Belgio) hanno dato sostegno all'idea di hub di rimpatrio fuori dai confini europei.
La questione interessa lo stesso impianto del Patto Migrazioni e Asilo dell'Unione approvato la scorsa in primavera che, oltre al meccanismo di solidarietà per l'accoglienza dei richiedenti asilo tra i 27, prevede soluzioni più rapide per l'eventuali rimpatri dei migranti.