L'uomo, 45 anni, è un politico e ricco uomo d'affari serbo molto vicino al presidente Aleksandar Vucic. Nega le accuse ma ammette di aver far parte del gruppo paramilitare in passato
Mercoledì la polizia di Belgrado ha rilasciato Milan Radoicic, presunto capo del gruppo di estremisti serbi armati che il 24 settembre scorso hanno assaltato la polizia kosovara, arrestato solo martedì.
Trenta uomini serbi, pesantemente armati, avevano eretto barricate nel villaggio di Banjska e, all'arrivo della polizia, avevano ingaggiato una sparatoria durata diverse ore. Il bilancio dello scontro a fuoco era stato di un poliziotto kosovaro e tre aggressori serbi uccisi.
Radoicic, 45 anni, è un politico e ricco uomo d'affari legato al partito populista al potere in Serbia e al presidente Aleksandar Vucic. È noto per possedere grandi proprietà sia in Serbia che in Kosovo ed è stato collegato dai media investigativi a loschi affari.
I procuratori serbi hanno dichiarato che Radoicic è sospettato di associazione a delinquere, possesso illegale di armi ed esplosivi e gravi atti contro la sicurezza pubblica. Hanno detto che Radoicic si è fatto consegnare a Belgrado armi provenienti dalla Bosnia, nascondendole poi in "luoghi abbandonati e foreste" in Kosovo.
Radoicic ha negato di aver commesso i reati contestatigli, ma ha ammesso di aver fatto parte in precedenza del gruppo paramilitare coinvolto nello scontro a fuoco.
Mercoledì un giudice di Belgrado ha ignorato la richiesta del pubblico ministero di tenere Radoicic in custodia cautelare per il pericolo di fuga, e ha rilasciato l'imprenditore, stabilendo il divieto di lasciare la Serbia e la firma obbligatoria due volte al mese in attesa del processo.
Il ministro della Giustizia del Kosovo, Albulena Haxhiu, ha dichiarato di non essere sorpresa dal rilascio di Radoicic."La Serbia non ha mai consegnato criminali e non consegnerà nemmeno terroristi", ha detto Haxhiu. "Per dirla chiaramente, la Serbia è un rifugio per criminali di guerra e terroristi che 10 giorni fa hanno compiuto un attacco terroristico sul territorio del Kosovo".
Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha parlato di Radoicic dipingendolo come un vero patriota, che vuole difendere i serbi del Kosovo dalle presunte vessazioni delle autorità albanesi nella regione.
Occhi puntati sulla regione
Il Kosovo aveva accusato la Serbia di aver orchestrato l'"atto di aggressione" contro la sua ex provincia, di cui Belgrado non riconosce la Dichiarazione di indipendenza del 2008. La Serbia ha negato questa accusa, affermando che Radoicic e il suo gruppo hanno agito da soli.
I funzionari dell'Unione Europea e degli Stati Uniti hanno chiesto alla Serbia che tutti i responsabili dell'attacco, compreso Radoicic, siano consegnati alla giustizia. Radoicic è stato anche oggetto di alcune sanzioni statunitensi e britanniche per le sue presunte attività finanziarie criminali.
Intanto la Serbia ha dichiarato di aver ritirato quasi la metà delle truppe dell'esercito dal confine con il Kosovo, dopo che gli Stati Uniti e l'Unione Europea avevano espresso preoccupazione per lo stanziamento di uomini e attrezzature.
Il riacutizzarsi delle tensioni tra Serbia e Kosovo ha alimentato i timori della comunità internazionale che la regione possa ripiombare nell'instabilità che ha caratterizzato gli anni '90, compresa la guerra del 1998-99.
Quel conflitto si concluse con il bombardamento della Serbia da parte della Nato per fermare il suo attacco contro i separatisti di etnia albanese. Belgrado non ha mai accettato di abbandonare il territorio, sebbene non ne abbia più il controllo dal 1999.
La Serbia è anche un alleato della Russia e ciò alimenta il timore che Mosca stia cercando di creare problemi nei Balcani per distogliere l'attenzione dalla guerra in Ucraina.