La Serbia ha annunciato di aver dimezzato le truppe militari presenti al confine col Kosovo sulla scia delle violenze avvenute nelle scorse settimane nel villaggio di Banjska. Gli Stati uniti, che per avevano lanciato un allarme, accolgono favorevolmente la decisione serba
La Serbia ha annunciato di aver dimezzato la presenza di soldati al confine col Kosovo sulla scia delle recenti violenze che, dal 24 settembre scorso, hanno portato alla morte di quattro persone. Gli Stati Uniti hanno accolto la notizia, ma Washington dichiara di non poter verificare, al momento, i movimenti delle truppe serbe.
Il numero di unità è stato riportato al "regolare livello" di circa 4.500 soldati, ha dichiarato il generale Milan Mojsilovic. Nelle ultime settimane di settembre le unità presenti sulla linea erano arrivate a 8.350.
Alcuni giorni fa il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, aveva espresso preoccupazione e aveva chiesto supporto alla Nato. La sicurezza al confine ha un "vuoto da colmare", aveva dichiarato.
I primi a lanciare segnali di allarme erano stati gli Stati uniti. Secondo Washington il numero di unità serbe al confine era in aumento. Notizia smentita da Belgrado. Lunedì i vertici dell'esercito serbo hanno respinto le accuse di un rafforzamento militare di massa, etichettando le dichiarazioni di Washington come "falsa menzogna".
"Dal punto di vista militare non vedo il motivo di tali commenti" da parte dei funzionari degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, ha detto Mojsilovic durante una conferenza stampa.
Il presidente serbo Aleksander Vucic aveva dichiarato che qualsiasi azione militare sarebbe stata "controproducente". "La Serbia non vuole la guerra", aveva detto annunciando il ritiro delle truppe.
Le aggressioni di settembre
Il 24 settembre scorso circa 30 uomini a volto coperto hanno aperto il fuoco contro una pattuglia della poliziavicino al villaggio di Banjska. Un agente kosovaro, Afrim Bunjaku, era stato ucciso mentre un altro ferito.
Gli assalitori poi si sono spostati in un vicino monastero serbo-ortodosso, abbattendo i cancelli con un veicolo blindato prima di barricarsi nel monastero con sacerdoti e pellegrini.
Lo stallo è durato fino alla sera di quella domenica, quando la maggior parte degli aggressori è fuggita. Tre degli uomini armati sono stati uccisi dalla polizia.
Secondo il premier kosovaro il gruppo di 30 uomini era stato addestrato in due basi militari serbe. "Gli aggressori hanno goduto del pieno sostegno e della pianificazione dello Stato serbo", aveva scritto su X, precedentemente conosciuto come Twitter. Accuse respinte dal generale Mojsilovic e il ministro della Difesa serbo Milos Vucevic.
Lo scontro ha aumentato le tensioni in un momento in cui la Serbia e il Kosovo stanno cercando di normalizzare i rapporti.