Ginevra, riparte al Cern l'acceleratore di particelle

Acceleratore di particelle
Acceleratore di particelle   -  Diritti d'autore  Martial Trezzini/AP
Di Euronews

Alla scoperta delle origini dell'Universo: nel 10° anniversario della scoperta del bosone di Higgs, il Cern riavvia l'acceleratore di particelle

10 anni fa la scienza scopriva la cosiddetta 'particella di Dio', il bosone di Higgs, la particella che conferisce la massa a tutte le altre. 

Gli scienziati che hanno sviluppato questa teoria, François Englert e Peter Higgs, sono stati poi insigniti del Premio Nobel per la Fisica. 

A due lustri dalla scoperta, il Cern, il più grande centro di ricerca al mondo, con sede vicino a Ginevra, è pronto a scrivere nuovi capitoli di scoperte scientifiche: dopo tre anni di stop sarà infatti rimesso in funzione il Large Hedron Collider (la macchina che studia le origini della materia).

Avviato per la prima volta nel 2008, l’acceleratore di particelle è stato sottoposto a un lungo momento di inattività per essere aggiornato. 

Il 5 luglio Large Hedron Collider - anello di 27 chilometri - ripartirà potenziato e consentirà di raccogliere dati dalle collisioni non solo a un’energia record ma anche in quantità senza precedenti

"Metteremo in collisione, per la prima volta, nell'LHC, protoni a un'energia record di 6,8 tev per fascio. A questa energia la collisione avverrà a 13,6 tera elettronvolt (tev), e questo sarà un ottimo parametro per l'esperimento" spiega Delphine Jacquet, Ingegnere responsabile del Large Hedron Collider (LHC).

Nell'accelleratore, situato a cento metri di profondità, le particelle si scontrano a una velocità prossima a quella della luce.

Tra il 2010 e il 2013, le collisioni sperimentate nell'acceleratore hanno evidenziato l’esistenza dei bosoni di Higgs che, insieme al loro campo energetico, sono considerati fondamentali nella formazione dell’Universo.

Le domande sono però ancora tante. Il Large Hedron Collider punta, ad esempio, anche alla ricerca della “materia oscura”, che ha la peculiarità di non assorbire, riflettere o emettere luce. Per questo viene chiamata “oscura” e gli esperimenti finora non l'hanno evidenziata.

Studiando l'infinitamente piccolo, i fisici desiderano comprendere l'infinitamente grande e, di conseguenza, avere la possibilità di colmare alcune lacune nella nostra comprensione dell'origine dell'Universo.

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