Minimum tax alle multinazionali al 15%. Storico "sì" dell'Irlanda

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"Sì" di Irlanda ed Estonia a una minimum tax sulle multinazionali al 15%. Strada spianata all'accordo mondiale promosso dall'OCSE. Apre anche l'Ungheria: "Compromesso possibile se nei nostri interessi". Critica l'Oxfam: "Moderno colonialismo economico"

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Sì di Irlanda ed Estonia a una minimum tax globale sulle multinazionali. Esitanti da luglio, Dublino e Tallinn rompono gli indugi e aderiscono all'accordo per un'imposizione al 15%, partorito sotto l'egida dell'OCSE al G20 di luglio a Venezia. 

Dublino rassicura popolazione e multinazionali: "Una scelta giusta sul lungo termine"

A vincere le resistenze irlandesi, ha spiegato il Ministro delle finanze Paschal Donohoe, una limatura testo, che nella formulazione originaria parlava di un aumento ad "almeno" il 15%. "Questa è una decisione giusta che servirà gli interessi del nostro Paese - ha detto -. Si rivelerà cruciale per creare condizioni favorevoli alla maturazione di certezze sul lungo termine per imprese e investitori". Parole con cui Dublino prova ad attutire il colpo di una radicale ridefinizione del suo modello economico. Una tassazione al 12,5% aveva infatti finora permesso all'Irlanda di attirare giganti tecnologici e multinazionali da tutto il mondo. 

L'accordo per una tassazione minima al 15%, che già a luglio aveva strappato il sì di 134 paesi, si applicherebbe alle multinazionali con un fatturato minimo di 750 milioni di euro.

Oxfam critica l'accordo: "Moderno colonialismo economico. Favorirà i paesi ricchi"

Tra gli altri celebrato come storico dalla Segretaria americana al Tesoro Janet Yellen, che parla di "svolta generazionale", l'accordo è però criticato dalla ONG Oxfam, che lo considera troppo timido e lo bolla come forma di "moderno colonialismo economico", destinato a favorire i paesi ricchi. La sua direttrice, Gabriela Bucher, gli rimprovera di lasciare ancora ampio margine all'evasione fiscale delle grandi multinazionali e di accentuare il divario economico. "Il 60% dei proventi di questa riforma - rimproverava già a luglio - finiranno nelle casse dei paesi del G7, mentre a quelli in via di sviluppo, che rappresentano i due terzi della popolazione mondiale, andrà soltanto il 3%".

L'Ungheria apre all'accordo: "Compromesso possibile, se nei nostri interessi"

Gli occhi sono ora tutti puntati sull'Ungheria, che a luglio si era sfilata dall'accordo. Dopo un recente incontro con il Segretario di stato americano Blinken, Budapest è meno categorica: "Se negli interessi della nostra economia - ha scritto mercoledì su Facebook il Ministro degli esteri Peter Szijjarto - un compromesso è possibile".

Orizzonte 2023: le prossime tappe della riforma

Il "quadro inclusivo" dell'OCSE, un formato allargato include circa 140 paesi, si riunirà a breve per adottare gli ultimi ritocchi apportati al testo, in vista di una riunione dei Ministri delle finanze del G20 in programma la prossima settimana. L'obiettivo è poi l'entrata in vigore della riforma nel 2023.

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