Tunisia tra crisi politica e crisi economica

Siamo nel quartiere di Bab al-Fella a Tunisi, sede del mercato. Solo poche persone girano tra le bancarelle semivuote. La crisi economica acuita dalla pandemia sta affligendo i tunisini, facendo crescere il risentimento contro la classe politica.
Per sedare le forti proteste in piazza il presidente tunisino Kais Saied (nella foto)ha avocato a sé tutti i poteri, cacciando il primo ministro Mechichi e sospendendo per 30 giorni il parlamento. Una misura consentita dalla Costituzione, ma solo in caso di pericolo imminente per la nazione. Per cui dall'estero si guarda con preoccupazione alla deriva autoritaria di questo paese che ha dato il via alla Primavera araba nel 2011.
Ma la pandemia ha peggiorato l'economia tunisina, il tasso di disoccupazione è cresciuto alle stelle e con questo le proteste spesso sedate brutalmente dalla polizia.
L'inchiesta aperta
Intanto la magistratura ha aperto un'inchiesta contro il partito islamico moderato Ennhadha e il suo alleato modernista Qalb Tounes per "finanziamenti esteri illegali" delle loro campagne elettorali. La via giudiziaria potrebbe portare allo scioglimento definitivo del Parlamento. Nelle ultime ore è stata perquisita l'abitazione di un parlamentare del partito islamista Al Karama, Rached Kiari, ricercato da tempo dalla giustizia militare per aver dichiarato mesi fa di essere in possesso di documenti che proverebbero finanziamenti illeciti ricevuti a sua volta da Saied.
Pressing internazionale
Il capo dello Stato ha detto di "non volere vedere neanche una goccia di sangue" mentre il principale danneggiato, il partito islamico moderato Ennhadha, ha lanciato un appello al dialogo, invitando i suoi sostenitori ad evitare l'escalation. Ma la tensione tra gli opposti schieramenti rimane altissima e si intensificano gli appelli internazionali: ieri è stato il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian a chiedere di "nominare rapidamente" un nuovo primo ministro, "preservare lo stato di diritto e consentire un rapido ritorno al normale funzionamento delle istituzioni democratiche". I media locali guardano all'Egitto, che stranamente non ha ancora commentato le decisioni di Saied. "Non è un mistero che il rapporto tra Saied e il presidente egiziano al Sisi si sia ravvivato dopo la sua visita al Cairo di qualche mese fa", ha scritto il giornalista Kamel Zaiem, alludendo a un possibile patto con al Sisi per far fuori gli islamici di Ennahdha al governo a Tunisi.
Altre epurazioni
Saied, forte dell'avvallo dell'esercito e del potente sindacato Ugtt, ieri ha silurato per decreto anche una ventina di alti funzionari governativi e il procuratore generale militare Taoufik Ayouni.
Elezioni anticipate
Pur continuando a definire la mossa di Saied "un golpe", il partito islamico moderato Ennahdha ha tuttavia affermato che "per il bene del percorso democratico" sarebbe "anche pronto ad andare ad elezioni legislative e presidenziali anticipate", chiedendo tuttavia "che qualsiasi ritardo non sia usato come pretesto per mantenere in piedi un regime autocratico". Anche i principali gruppi della società civile chiedono, in una dichiarazione congiunta, una tabella di marcia per l'azione politica.