Ulteriore stretta di Pechino contro la dissidenza a Hong Kong: approvato il diritto di veto sui candidati alle elezioni locali. Ignorati gli appelli dell'Occidente: "Restituiremo il potere a forze genuinamente patriottiche". Allo studio anche una "professione di fede" alla Cina
Sì alla legge per il "miglioramento" del sistema elettorale di Hong Kong
Nessuna sorpresa, uno schiaffo a Occidente e democrazia e un solo, coraggioso, astenuto. Avanti tutta di Pechino nella repressione della dissidenza a Hong-Kong, in barba agli appelli internazionali. Dal Congresso nazionale cinese lo schiacciante via libera al progetto di legge sul "miglioramento" del suo sistema elettorale. In altre parole: l'introduzione del diritto di veto sulla presentazione di qualsiasi candidato, che molti vedono come pietra tombale sui tentativi di Hong Kong di sfuggire alla morsa cinese.
Una stretta, nelle ultime settimane passata da nuove ondate di arresti, che incarna la politica sulla sicurezza varata lo scorso anno. Nel vuoto gli appelli di Londra, Washington e Bruxelles a un rispetto dell'autonomia dell'ex colonia britannica.
"Il potere a forze genuinamente patriottiche"
Le proteste del 2019 non hanno fatto che irrigidire la posizione cinese. "La nuova legge - riassume un portavoce - riporterà Hong Kong nelle mani di forze genuinamente patriottiche". Tra le misure, anche la creazione di una commissione controllata da Pechino e incaricata di eleggere una buona parte del Consiglio legislativo di Hong Kong. Appena lo scorso mese, l'annuncio di un progetto di legge che imporrebbe a tutti i pubblici ufficiali una professione di fede alla Cina.