Tutti i membri del gruppo pro-democrazia del Legco (il parlamento di Hong Kong) hanno rassegnato le loro dimissioni, lasciando l’organismo legislativo privo di opposizione
L'insieme del gruppo pro-democrazia del Legco (cioè il parlamento di Hong Kong) ha rassegnato le dimissioni, lasciando così l’organismo legislativo privo di opposizione. La decisione dei 15 parlamentari della formazione dipende dall’estromissione di quattro deputati democratici richiesta dal Comitato centrale di Pechino. I quattro colpiti dalle folgori del Partito Comunista Cinese sono: Alvin Yeung, Dennis Kwok, Kwok Ka-ki e Kenneth Leung. Sarebbero accusati di aver minato la sicurezza di Hong Kong e di non riconoscere la sovranità della Cina continentale.
"Una risoluzione ridicola"
Wu Chi-wai, portavoce del gruppo dimissionario, ha definito totalmente ridicola l’estromissione dei quattro per via della risoluzione del Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo, l'organo legislativo cinese, che ha deciso la squalifica di 4 deputati pro-democratici del Civic Party: Wu Chi-wai, presidente del blocco pro-democrazia, ha detto che la decisione segnala il completo abbandono da parte di Pechino della Basic Law, vale a dire la Costituzione locale. "Difendiamo il popolo di Hong Kong. Combattiamo per la democrazia - ha detto in conferenza stampa Wu Chi-wai - E ci dimettiamo dall'incarico perché i nostri partner, i nostri colleghi vengono squalificati dalla mossa spietata del governo centrale. Da adesso Hong Kong non può più dire al mondo che esiste 'un Paese, due sistemi'", ha aggiunto Wu sul modello che regola i rapporti tra ex-colonia e Pechino.
Il tatticismo di Carrie Lam
La responsabile del governo di Hong Kong, Carrie Lam ha precisato che non aveva il potere di estrometterli tuttavia la risoluzione annunciata da Pechino ha fatto sì che il governo di Hong Kong dovesse metterla in pratica. Alla domanda se in futuro ci saranno ulteriori siluramenti Lam ha risposto che le decisioni saranno prese a tempo debito. Intanto ci si aspetta la prossima mossa di Pechino che potrebbe pretendere la testa anche dei consiglieri distrettuali democratici che alle scorse elezioni hanno vinto il 90% dei seggi.