Da Minneapolis - dove settimana scorsa George Floyd è stato ucciso da un poliziotto - fino a Washington, passando per Los Angeles, Richmond, Tampa, Filadelfia e New York
Non si placano le proteste contro la violenza della polizia negli Stati Uniti, esplose con il "caso George Floyd", il 46enne afroamericano morto soffocato una settimana fa, dopo che un agente di polizia di Minneapolis, Derek Chauvin, lo ha tenuto steso a terra, con il ginocchio sul collo dell'uomo, per quasi 9 minuti.
In decine e decine di città statunitensi (almeno 140) migliaia di persone hanno partecipato a cortei e manifestazioni pacifiche da mercoledì scorso, che in diversi casi si sono trasformate in scontri con la polizia. "Non riesco a respirare" è uno degli slogan dei manifestanti, la frase che Floyd ripeteva, mentre Chauvin lo teneva a terra. 42 sono le città americane dove è scattato il coprifuoco, oltre a tutte quelle dell'Arizona, mentre 5.000 membri della Guardia Nazionale sono stati schierati in 15 Stati e a Washington DC.
E con queste proteste è tornato anche uno slogan utilizzato già in passato: #BlackLivesMatter (letteralmente: le vite nere contano), nato nel 2013, in seguito all'assoluzione di George Zimmerman, coordinatore della vigilanza di quartiere, che aveva ucciso a colpi d'arma da fuoco il 17enne afroamericano Trayvon Martin, il 26 febbraio 2012. Da qui nacque il movimento attivista internazionale, impegnato nella lotta contro il razzismo, Black Lives Matter.
Durante le infuocate proteste di questi giorni, non sono state dimenticate le altre vittime della violenza razzista oltreoceano: da Martin a Eric Garner - ucciso da un poliziotto della NYPD a New York nel 2014, dopo essere stato arrestato - , passando per casi meno noti fuori confine, come quello di Laquan McDonald, morto a Chicago nel 2014, all'età di 17 anni, in una sparatoria con la polizia.
Come nelle cinque notti precedenti, anche in quella tra domenica e lunedì sono scoppiati disordini in alcune delle città in cui era in vigore il coprifuoco e sono stati saccheggiati negozi a Philadelphia. A Washington, le forze di sicurezza hanno avuto difficoltà a controllare la situazione davanti alla Casa Bianca; per questo il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e la First Lady Melania sono stati trasferiti in un bunker di emergenza. Le luci della residenza sono state spente, per ridurne la visibilità dalla piazza antecedente.