Per risarcire le vittime del nazismo si tenta la via del pignoramento dei beni tedeschi in Italia

Per risarcire le vittime del nazismo si tenta la via del pignoramento dei beni tedeschi in Italia
Diritti d'autore L'allora presidente tedesco Christian Wulff e sua moglie Bettina nel parco di Loveno di Menaggio, a Villa Vigoni, nel 2011 - BPA AGENCY/Reuters
Di Lillo Montalto Monella
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Il parco di una villa sul lago di Como e un conto corrente delle ferrovie tedesche in Italia: così gli avvocati riusciranno a far sborsare milioni di euro a Berlino per risarcire le ultime vittime degli orrori nazisti?

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Due anni fa, un tribunale italiano ha condannato la Germania a risarcire le vittime di una strage nazista. Di fronte al rifiuto tedesco di versare la somma richiesta, il comune abruzzese di Roccaraso ha ora ipotecato dei terreni sul lago di Como che appartengono proprio alla Repubblica Federale.

Tutto nasce da una sentenza di condanna nei confronti della Germania emessa nel 2017 da un giudice del tribunale di Sulmona. Roccaraso, dove nel novembre del '43 i nazisti uccisero 128 civili - donne, bambini e anziani - sarebbe beneficiario di un risarcimento per 1 milione e 700mila euro: per tutelarsi, ha fatto iscrivere un'ipoteca su una parte del parco di Villa Vigoni, il centro di alta cultura italo-tedesca che si trova nei pressi di Menaggio.

"Il prossimo passo sarà quello di chiederne il pignoramento per poi poter procedere alla vendita all'asta dei beni ipotecati", ha dichiarato all'Ansa l'avvocato Monica Oddis, che insieme agli avvocati Lucio Olivieri, Claudia Di Padova e Samanta Le Donne sta curando l'azione giudiziaria contro la Germania per l'eccidio di Pietransieri.

Secondo un docente di diritto internazionale, Dino Rinoldi, il governo italiano non consentirà di sequestrare, confiscare e vendere all'asta un immobile che appartiene alla Germania per motivi politici, tutelando se stesso per evitare di non essere portato in giudizio un domani per stragi italiane commesse durante la guerra.

Qualche anno fa, gli eredi delle vittime greche di un eccidio nazista chiesero per lo stesso motivo il sequestro di Villa Vigoni, a loro parere l'unico bene espropriabile, ma senza successo. Erano rappresentate dall'avvocato Joachim Lau, con studio legale a Firenze, che ha sostenuto in carriera i diritti delle vittime del nazismo, affrontando il nodo dei risarcimenti danni che la Germania dovrebbe pagare. Lau indica a Euronews come la Cassazione abbia negato la validità dell'ipoteca su Villa Vigoni, ma non sa indicare al momento come andrà a finire questo secondo tentativo avanzato da Roccaraso sul parco della stessa.

Secondo Olivieri, intervistato da Radio 24, il risarcimento viene effettuato non tanto per i danni materiali provocati dalla strage - l'Italia ha rinunciato ad ogni pretesa con il trattato di Pace di Parigi del '47 - quanto per quelli morali.

Acquistata nel 1829 da un banchiere e industriale tedesco, Villa Vigoni è stata offerta nel 1983 alla Repubblica Federale Tedesca per farne un luogo di studio per le radici comuni tra Italia e Germania. Dal cenacolo culturale si preferisce non commentare la vicenda.

Il garbuglio è sia legale che politico

Dal punto di vista legale, c'è una sentenza della corte dell'Aja del 2012 che stabilisce che gli Stati sono immuni dalla giurisdizione di altri paesi e sono quindi al riparo dalle sentenze straniere. Questo pronunciamento è stato però annullato, di fatto, dalla Corte Costituzionale italiana: nel 2014, ha stabilito che il principio non vale quando siano in discussione crimini contro l'umanità come quelli commessi dai tedeschi durante la seconda Guerra mondiale.

Nei casi di crimini di guerra, dunque, niente più scudo dell’immunità per gli Stati esteri dalla giurisdizione civile.

Su questa base, quest'anno è stato rifiutato il ricorso delle ferrovie tedesche contro la richiesta delle autorità greche di pignorare dei beni come riparazione per la strage di Distomo, commessa dalla Wehrmachr nel 1944.

La Cassazione ha permesso l’esecuzione sui beni per 50 milioni di euro di Deutsche Bahn AG in Italia, anche con il pignoramento eventuale dei beni delle ferrovie italiane debitrici di quelle tedesche. Anche dietro questa causa c'è l'avvocato Joachim Lau.

Ma anche qui, come per Villa Vigoni, non si sa che cosa succederà. "Il giudice italiano ha ammesso in modo astratto la pignorabilità dei crediti della Bahn, ma la questione verrà esaminata nel dettaglio davanti al tribunale di Roma".

Si discuterà della possibilità di pignorare i soldi in un conto corrente tra Germania e Italia dove vengono calcolati mensilmente gli importi dei biglietti sul servizio trasporto merci.

"Abbiamo deciso di agire in Italia perché in Germania sarebbe stato tutto più complicato", spiega l'avvocato Oddis all'Ansa, "perché con la sentenza della Corte di Giustizia del 2014 si è superato il difetto di giurisdizione e i tribunali italiani possono decidere sulle stragi e gli eccidi commessi dagli Stati stranieri in Italia. Dopo esserci assicurati l'ipoteca sui terreni stiamo valutando anche altre strade e fatte le opportune valutazioni procederemo".

La Germania non vuole creare un precedente ed evitare la strumentalizzazione politica

In questo articolo apparso su Die Zeit, il tema del risarcimento tedesco è definito da un membro stesso del governo "una patata bollente".

Il verdetto della Consulta italiana "è passato inosservato in Germania, ma ha fatto notizia in Polonia".

Un membro del partito conservatore nazionale, PiS, ha sostenuto - sulla scorta della sentenza italiana - che anche Varsavia deve chiedere risarcimenti per compensare i "ritardi a livello di civiltà" dovuti all'invasione nazista. Il ministro dell'interno ha presentato un disegno legge per chiedere 840 miliardi di euro, ma non esiste ancora una richiesta formale nei confronti della Germania. C'è però un ricorso alla corte costituzionale polacca sul modello di quello italiano avanzato da 100 deputati del PiS.

Dietro c'è un interesse esclusivamente politico, scrive il settimanale Die Zeit. "Sono uno strumento ideale per i populisti. Cosa può fare il governo federale? Trovare risposte alle rivendicazioni morali per disinnescare il pericolo della strumentalizzazione politica".

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Nel 1953 i governanti comunisti dell'allora Polonia rinunciarono a tutte le pretese di risarcimento di guerra sotto pressione dell'Unione Sovietica, che voleva sollevare la Germania dell'Est da ogni responsabilità. Il PiS ritiene che quell'accordo non sia è valido perché la Polonia non è stata in grado di negoziare un equo compenso.

Anche in Namibia, ex colonia tedesca, le richieste di risarcimento sono in crescita per quello che le Nazioni Unite hanno definito "genocidio" e dal 2016 Berlino negozia con il governo locale il finanziamento di progetti sul territorio, ma i rappresentanti namibiani hanno citato la Germania in giudizio a New York. Il giudice americano non ha dato luogo a procedere e le due tribù hanno fatto appello.

Due delle strategie trovate dal governo federale per fare fronte alla questione sono: finanziare monumenti commemorativi e concedere "fondi per il futuro", ovvero denaro tedesco utilizzato per mantenere viva la memoria della seconda guerra mondiale, pagare mostre, scambi giovanili, conferenze e concerti. A Salonicco, per esempio, la Germania contribuisce in modo significativo alla costruzione di un museo ebraico.

A fine 2015, Berlino ha versato a Israele 73 miliardi di euro a titolo di compensazione per gli orrori del nazismo; nel 1960 ha dato all'Italia 40 milioni di marchi e alla Grecia 115 milioni. Ad aprile, Atene ha chiesto altri danni al Bundestag, oltre ai soldi già versati, calcolati in altri 290 miliardi di euro.

Sul caso Roccaraso, tuttavia, i tedeschi tengono il punto: non vogliono creare un precedente dato che ogni nuova compensazione individuale genera nuove richieste. "Se volessimo risarcire individualmente tutte le vittime e i loro discendenti, la ricca Germania sarebbe in bancarotta".

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Diversi avvocati italiani ritengono che lo Stato italiano non abbia fatto valere i propri diritti a livello internazionale in passato, e così tocchi ora ai giudici "metterci la pezza". Il problema è però che in Germania le sentenze italiane non vengono prese in considerazione, di fatto, per proteggere lo stato tedesco.

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