Maxi-blitz antimafia fra USA e Palermo: è la New Connection fra Cosa nostra americana e italiana

Polizia e FBI insieme nell'operazione congiunta fra USA e Italia "New Connection"
Polizia e FBI insieme nell'operazione congiunta fra USA e Italia "New Connection" Diritti d'autore Immagini: Polizia di Stato
Di Simona Zecchi
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Più di 200 uomini della Squadra Mobile di Palermo, del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Federal Bureau of Investigation (FBI) di New York hanno arrestato 19 persone fra Palermo e Stati Uniti e sequestrato 3 milioni di euro.

**Maxi blitz Usa Palermo

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A due giorni dal 27esimo anniversario  della strage di Via Mariano d'Amelio a Palermo dove hanno perso la vita Paolo Borsellino e la sua scorta (ad eccezione dell'unico agente sopravvissuto Antonino Vullo), si è verificata una operazione che resterà nella storia.

Diciannove arresti e un sequestro per 3 milioni di euro è, infatti, il risultato dell'operazione New Connection, il Maxi blitz anti mafia fra Palermo e i clan d'oltreoceano, condotto da più di 200 uomini delle forze dell'ordine in collaborazione con l'FBI, e che ha svelato il rinnovato legame fra Cosa Nostra italiana e americana in particolare i Gambino.

Le accuse vanno dall'associazione per delinquere di stampo mafioso, all'estorsione aggravata, il concorso esterno in associazione mafiosa, il trasferimento fraudolento di valori aggravato, fino alla concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso. I settori spaziavano dalla gestione delle forniture di prodotti alimentari, video giochi e le scommesse abusive on line.

Nel corso dell'operazione di polizia agli arresti è finito anche un sindaco della provincia palermitana, Salvatore Gambino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Per quanto riguarda il lato americano si tratta, in particolare, del noto Frank Calì, recentemente ucciso, e di Thomas Gambino, cittadino statunitense considerato dal Federal Bureau of Investigation (FBI) elemento di rilievo della famiglia  omonima. Il nucleo, secondo gli inquirenti, rappresenta un importante anello di congiunzione tra le organizzazioni criminali delle due sponde dell’oceano.

Parlando con un altro mafioso residente in America, Tommaso Inzerillo, oggi arrestato, mentre rendeva chiaro chi in questo momento fosse al comando della Sicilia, ha ricordato appunto la fuga negli Usa e ha fatto riferimento alla possibile vendetta che Stefano Bontade, capomafia di Villagrazia trucidato da Riina, avrebbe messo in atto se fosse rimasto vivo: "Lo vedi se Dio ce ne scampi fosse morto mio cugino e Stefano (Bontade, ndr) restava vivo". Il riferimento è alla possibile vendetta che Bontade, capomafia di Villagrazia trucidato da Riina, avrebbe messo in atto se fosse rimasto vivo. "Quello, vedi che li azzerava", risponde l'interlocutore.

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La storia degli "scappati"

Al centro di tutto il quartiere palermitano di Passo di Rigano, dove comandano gli Inzerillo i cosiddetti scappati, costretti a rifugiarsi negli Usa dopo la guerra inferta dal capomafia Totò Riina negli anni '80, e rientrati in Italia nei primi anni 2000. Avevano ricostituito la loro roccaforte anche grazie al ritrovato equilibrio con i vecchi nemici e sotto l'ala protettiva americana dei mafiosi Gambino.

Il tentativo di tornare in Sicilia è stato mediato dal boss Salvatore Lo Piccolo (ora in carcere) che cercò di perorare la causa degli 'scappati' riammettendoli negli affari dei boss palermitani, in particolare nel traffico di droga. Un ritorno che il capomafia Nino Rotolo "fedele" al diktat di Riina non digeriva. Il padrino Bernardo Provenzano, deceduto nel 2017, non volle mai prendere una posizione netta. Per toccare con mano cosa accadeva oltreoceano, Provenzano invio' Nicola Mandalà, del clan bagherese che proteggeva la latitanza del padrino, e Gianni Nicchi, enfant prodige della mafia palermitana e figlioccio di Rotolo.

Francesco Inzerillo, soprannominato "Franco 'u truttaturi" e Tommaso Inzerillo, forti di un tesoro accumulato, entrambi arrestati oggi, erano tornati a gestire il potere. Il loro è stato un progressivo e continuativo dialogo con i vecchi  nemici come Settimo Mineo, fedelissimo di Nino Rotolo finito in cella mesi fa nel tentativo di ricostituire la Cupola di Cosa nostra, che, però, ha smesso di odiare gli scappati.

Ora i nuovi incontri con lo stesso Settimo Mineo, il capomafia di Pagliarelli e "presidente" della nuova Cupola che si è riunita lo scorso maggio prima di essere decapitata dai carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo.

Dopo la seconda guerra Riina lanciò la sua sfida allo Stato e a quegli uomini delle istituzioni (con alcuni dei quali anche - come ricostruisce il primo grado della sentenza cosiddetta Stato- mafia ha stretto un patto) che rappresentavano una minaccia per Cosa nostra o che non avevano rispettato gli accordi.

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