Cosa succede in Venezuela: Guaidò si proclama presidente, Maduro grida al golpe

Cosa succede in Venezuela: Guaidò si proclama presidente, Maduro grida al golpe
Diritti d'autore Juan Guaido durante il comizio di Caracas del 23 gennaio - REUTERS/Carlos Garcia Rawlins
Diritti d'autore Juan Guaido durante il comizio di Caracas del 23 gennaio - REUTERS/Carlos Garcia Rawlins
Di Redazione italiana e spagnola
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Il Paese è sull'orlo di un colpo di stato? Vi spieghiamo cosa sta accadendo tra le strade di Caracas

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La spallata dell'opposizione venezuelana al presidente appena re-insediato Maduro riceve appoggi internazionali. Gli Stati Uniti di Trump, Canada e altri paesi dell'America Latina riconoscono come legittimo presidente il leader delle forze liberali, Juan Guaidò. Gli anti-bolivariani si appoggiano alla loro maggioranza in parlamento.

Ma cosa sta succedendo nel Paese?

I venezuelani sono stati chiamati alla mobilitazione dall'Assemblea Nazionale, organo appannaggio dell'opposizione ma delegittimato dal chavismo. Anche l'esercito è stato chiamato all'azione: difendete la Costituzione, non il Presidente è il grido di battaglia di Juan Guaidò.

Le forze armate sono divise: nei giorni scorsi, la sollevazione anti-Maduro di alcuni militari, che avevano cercato rifugio in una caserma di Cotiza, nella capitale del Paese, è stata duramente repressa dall'esercito.

L'opposizione punta all'insediamento di un "governo di transizione" che traghetti il Paese verso nuove elezioni sotto la leadership di Guaidò. "Abbiamo un appuntamento storico con la nostra nazione e con il futuro dei nostri figli".

Tuttavia, la corte costituzionale venezuelana, controllata dai pro-Maduro, non riconosce ai sostenitori di Guaidò la maggioranza parlamentare. Anche da qui il braccio di ferro.

"L'unica transizione in Venezuela è verso il socialismo", ha risposto Diosdado Cabello, presidente dell'Assemblea Costituente, un organismo parallelo all'Assemblea Nazionale ma guidato dai sostenitori del presidente.

Uno degli obiettivi principali della marcia convocata per il 23 gennaio era quello di "sostenere e convincere tutte le forze armate unite a ritornare sulla via della Costituzione e della democrazia", riferisce José Manuel Bolívar, direttore nazionale del partito di opposizione Voluntad Popular, intervistato da Euronews. "Non vogliamo il confronto ma abbiamo bisogno di manifestare".

"Assumo i poteri dell'esecutivo nazionale come presidente del Venezuela", è stata la storica frase pronunciata da Juan Guaidò a Caracas mentre prestava giuramento davanti alla folla oceanica radunatasi festante davanti a lui. La manifestazione segue l'hashtag #23E (dove E sta per Enero, gennaio).

Il punto sulla rivolta militare e sull'offerta di amnistia

Secondo i principali indicatori economici il Venezuela versa in una profonda crisi. E per una buona parte della popolazione il responsabile è Nicolas Maduro. Le mobilitazioni sono state organizzate in un'atmosfera esplosiva, due giorni dopo la breve rivolta del gruppo di soldati a cui accennavamo prima.

La settimana scorsa, dalla capitale peruviana Lima, un gruppo di soldati venezuelani ha detto di non riconoscere più il presidente eletto Nicolas Maduro come loro leader: è stato chiamato "usurpatore".

Un cartello fuori dall'ambasciata venezuelana di Città del Messico. REUTERS/Edgar Garrido

Bolívar assicura che il governo venezuelano può contare solamente su un appoggio, quello delle forze armate, che tuttavia "sta crollando" progressivamente.

L'opposizione "sembra interessata, ora più che mai, ad avvicinare i membri dell'esercito venezuelano e ad assicurar loro sostegno", ha spiegato a Euronews Tim Gill, un esperto venezuelano dell'Università della Carolina del Nord.

Il 15 gennaio scorso, l'Assemblea Nazionale ha approvato una legge di amnistia per i civili e i militari che agiscono "a favore della restituzione della democrazia in Venezuela".

Chi è Juan Guaidó?

REUTERS/Carlos Garcia Rawlins

Il presidente dell'Assemblea Nazionale è diventato nelle ultime settimane l'inaspettato leader attorno a cui si è rinsaldato il consenso di un'opposizione divisa. Il movimento che guida promette di cacciare Nicolas Maduro e portare il Paese a nuove elezioni.

Guaidó, ignegnere di 35 anni, è diventato il più giovane presidente dell'Assemblea Nazionale lo scorso 5 gennaio. Non è mai stato uomo da grandi discorsi ma è riuscito, in un colpo, a dichiarare il mandato di Maduro un'usurpazione della Presidenza venezuelana, denunciare la sua rielezione definendola una frode elettorale e promettere una "amnistia" ai militari che disconosceranno Maduro.

Guaidó ha tastato il polso delle strade del Venezuela in decine di cabildos (municipi) aperti in tutto il paese.

Si tratta di dibattiti pubblici, storicamente sanciti dalla Costituzione, ai quali partecipano rappresentanti del Governo e dei cittadini. La lotta per l'indipendenza dal dominio spagnolo, per esempio, ha avuto inizio dopo che un cabildo ha destituito il capitano generale del Venezuela, Vicente Emparan, nel 1810.

La reazione di Maduro

Il presidente, rieletto lo scorso 20 maggio in una tornata elettorale altamente contestata, ha reagito duramente. "Ho deciso di rompere le relazioni politiche e diplomatiche con il governo imperialista degli Stati Uniti. Che se ne vadano dal Venezuela! Basta con l'intervenzionismo! Qui c'è dignità. Qui c'è gente che difende questa terra".

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Sono 47 i Paesi che non riconoscono il mandatario venezuelano "per non aderire agli standard internazionali del proceso democratico, libero, giusto e trasparente".

L’escalation di Washington è stata determinata anche dal cambiamento di direzione politica in America Latina, dove negli ultimi tempi sono entrati in carica governi ostili al chavismo, dal Brasile alla Colombia, passando anche per Cile e Argentina.

Washington ha espresso la sua solidarietà alla manifestazioni contro Maduro. In un video condiviso su Twitter, il vicepresidente Mike Pence ha espresso "il fermo sostegno degli Stati Uniti in un momento in cui voi, il popolo venezuelano, state dando voce alla richiesta di libertà".

Per il ministro delle Comunicazioni, Jorge Rodriguez, Pence ha ordinato ai soldati insorti di consegnare le armi agli attivisti dell'opposizione affinché, vestiti con le uniformi dei soldati, potessero sparare alla folla durante la manifestazione per destabilizzare il governo. Maduro, durante un discorso alla radio e alla televisione, ha accusato il governo degli Stati Uniti di ordinare un "colpo di stato fascista" e ha annunciato rappresaglie diplomatiche.

Per l'Assemblea Nazionale e l'opposizione, una sollevazione militare non sarebbe un colpo di stato perché ritiene "Nicolás Maduro un usurpatore del potere", appunto.

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"Non vogliamo un colpo di stato, chiediamo alle forze armate di difendere la costituzione e i valori in essa espressi", dice José Manuel Bolívar. "Hanno prestato giuramento alla Costituzione, non a Maduro né alle cupole fedeli regime".

L'articolo 328 della Costituzione venezuelana stabilisce che le forze armate costituiscono un'istituzione "organizzata dallo Stato per garantire l'indipendenza e la sovranità della nazione (....) al servizio esclusivo della nazione e in nessun caso al servizio di qualsiasi persona o parzialità politica".

Cosa succederà?

Se tra le fila dei militari serpeggia il dissenso, le gerarchie "non sembrano ancora aver abbracciato i ranghi dell'opposizione", spiega Gill, che non crede alla possibilità di un colpo di stato nell'immediato futuro.

"I leader militari ricevono dal sistema esistente qualche tipo di beneficio che supera le prospettive aperte dall'eventualità di un nuovo governo".

Gill crede che nei prossimi giorni le dimostrazioni saranno represse e, a seconda di quanto caotica diventerà la situazione, "non è improbabile che vedremo feriti da ambo le parti".

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Per l'accademico, "non c'è dubbio che una parte del popolo venezuelano speri che l'esercito venezuelano o l'esercito degli Stati Uniti intervenga per detronizzare Maduro", ma, "non c'è certezza che non venga sostituito da un regime militare ancora più repressivo".

Una parte del popolo venezuelano resta ancora attaccato alle idee che furono di Hugo Chavez ed ereditate da Nicolas Maduro. Bisognerà vedere ora a cosa porterà l'apparente isolamento internazionale di Maduro. Per il momento l'esercito è con lui, anche se Guaido ha tentato di convincere i militari a unirsi all'opposizione. Insomma, il braccio di ferro in questo grande paese produttore di petrolio è appena cominciato.

Nel frattempo, non è ancora stato spiccato - mentre scriviamo - un mandato di cattura contro Guaidó. Maduro ha organizzato una contromanifestazione in suo favore. Per Guaidó, dice La Stampa, sarà meglio rifugiarsi in qualche ambasciata amica (tipo quella colombiana) e da lì dirigere il suo governo in esilio. Il rischio di finite rapidamente in galera è molto alto.

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