Un anno di Brexit tra proteste, trattative e dimissioni

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Di Damon EmblingAntonietta Catanese
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Un anno di Brexit tra proteste, trattative e dimissioni. Strette di mano, scintille e colpi di scena per un divorzio storico

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Proteste, trattative, dimissioni.

Questo è stato il 2018 segnato dalla Brexit.

Quel difficile strappo che ha lasciato l'UE con la sensazione di essere un amante disprezzato.

Pur nelle diatribe tipiche di un divorzio, le parti hanno comunque combattuto per il migliore accordo possibile. Theresa May lo aveva detto sin dall'inizio: "Cerco uno speciale rapporto post-Brexit tra di noi". Ed ancora: "Questa è una partnership che credo non sia solo nell’interesse del Regno Unito, si tratta di interessi più ampi, per tutta l’Unione europea".

LA CALDA PRIMAVERA DELLA BREXIT

I negoziatori britannici arrivavano a Bruxelles in primavera, aprendo a speranze e visioni diverse da quelle che si sarebbero realizzate.

David Davis, allora Segretario Brexit, era ottimista:"Abbiamo compiuto rapidi progressi in un accordo più ampio di uscita dall’Ue, raggiungendo convergenze su gran parte del testo".

Dominic Raab, nello stesso ruolo, ribadiva: "Non vedo l'ora di intensificare gli incontri, di infittire i negoziati e di fare in modo che siamo nella posizione migliore per ottenere il miglior accordo".

Le dimissioni di Davis sarebbero arrivate a stretto giro di boa.

IL NODO DELLA QUESTIONE: IL CONFINE IRLANDESE

Se Brexit sarà, cosa succederà con i tormentati confini irlandesi?

Diventa questa la questione campale nelle trattative.

Commercio industria pesca: sono i campi di battaglia.

E l'Unione Europea non sta ferma a guardare. Mette paletti e avverte, con Michel Barnier, capo negoziatore dell'UE: "Abbiamo ancora da percorrere una lunga strada, c'è una lunga strada davanti a noi, da entrambe le parti ".

Per essere chiari, "non sarà un “cherry picking”.

AL VERTICE DI SALISBURGO

Si arriva al vertice di Salisburgo, nel maggio scorso, con i leader europei.

Subito dopo, il confronto si inasprisce e a settembre si tirano fuori i coltelli: i leader dell'UE si scagliano contro il cosiddetto "piano degli assegni".

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Emmanuel Macron, presidente francese, è chiaro: "Le proposte non sono accettabili, in particolare gli aspetti economici. "

A Londra non va meglio: si scende in strada e iniziano le proteste anti-Brexit.

NOVEMBRE DECISIVO

A novembre, i leader dell'UE sostengono l'accordo di ritiro del Regno Unito.

Theresa May, primo ministro britannico, parlando a Bruxelles, dice: "Prima di Natale, i miei parlamentari voteranno su questo. Sarà uno dei voti più significativi che il Parlamento abbia emesso da molti anni. Da esso dipenderà se ci muoviamo insieme per un futuro più luminoso o se apriremo la porta a divisioni e incertezze".

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Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione europea, riassumeva bene il risultato di un lungo anno di confronti: "Questo è il miglior affare possibile per la Gran Bretagna. Questo è il miglior accordo possibile per l'Europa. Questo è l'unico accordo possibile. "

L'ULTIMA "PARTITA" SI GIOCA IN CASA BRITANNICA

L'ultima partita della Brexit si gioca tutta in "casa" britannica.

E il Parlamento dimostra di aver compreso la criticità di un momento storico: la mozione di sfiducia nei confronti di Theresa May fallisce. E cosi la Brexit, che l'aveva portata sul ciglio del baratro, alla fine la vede piu forte di prima.

Per la Brexit non è ancora finita. L'Europa attende di leggere questo capitolo inedito della propria storia. E Il 29 marzo 2019 è sempre piu vicino.

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