Pakistan: islamisti in rivolta dopo la liberazione di Asia Bibi

Pakistan: islamisti in rivolta dopo la liberazione di Asia Bibi
Di Gioia Salvatori
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I partiti radicali incitano l'esercito a ribellarsi e bloccano le strade principali. Il Paese, dopo l'assoluzione della donna cristiana accusata di blasfemia, è una polveriera

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Secondo giorno di proteste in Pakistan dopo l'assoluzione di Asia Bibi, la donna cristiana accusata di blasfemia e due giorni fa liberata dalla corte suprema dopo quasi 10 anni di prigione. 

Sono bloccate le arterie chiave intorno alle più grandi città mentre il partito radicale Tehreek-e-Labbaik minaccia di morte i giudici e chiede ai militari di ribellarsi, tanto che il primo ministro Imran Khan ha fatto un appello alla calma

La rivolta dei partiti islamisti

Il Paese è una polveriera, con i partiti radicali che non cedono Hafiz Naeem Ur Rehman del partito islamista Jaamamt- e-Islami chiede, al contrario, che il primo ministro si scagli contro i giudici: "Come primo ministro, Imran Khan dice che vuole cambiare il Pakistan. Quindi dovrebbe andare alla Corte Suprema e presentare una petizione contro questo ordine del tribunale per scoraggiare coloro che commetto no blasfemia." 

Il caso di Asia Bibi, condannata per blasfemia per aver bevuto da un recipiente dell'acqua destinata a delle donne musulmane mentre lavoravano in un campo, ha sempre diviso il Paese. In questi anni due politici pachistani che si erano schierati con la donna sono stati uccisi brutalmente e anche l'avvocato di Asia Bibi è stato raggiunto da minacce di morte.

Asia Bibi e la sua famiglia dovranno lasciare il Paese

Tahira Abdullah, attivista dei diritti umani, definisce la sentenza una pietra miliare; Asia Bibi e la sua famiglia ora si trovano in una località protetta, per loro è impensabile un futuro in Pakistan e diversi Stati europei si sono già offerti di accoglierli. 

La sentenza è una vittoria per gli attivisti dei diritti umani il cui lavoro in Pakistan è sempre più difficile. È proprio di queste ore la notizia che 18 ONG dovranno lasciare il Paese i primi di dicembre, alla fine di un processo avviato dal governo precedente.

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