Myanmar, la reazione al documento dell'Onu

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Di Alberto De Filippis
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Grossi guai anche per Aun San Suu Kyy

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Le Nazioni Unite, attraverso un rapporto, hanno chiesto alla giustizia internazionale di indagare per genocidio e crimini contro l’umanità il capo dell’esercito del Myanmar e altri cinque alti comandanti militari. Centinaia di interviste che inchioderebbero il regime di Myanmar alle sue responsabilità. Ma i profughi non credono che giustizia verrà mai fatta: "Non credo che verranno mai puniti fino a quando Onu e Corte Penale Internazionale tradurranno il leader della giunta in galera e lo puniranno. Non crederemo alle parole perché abbiamo sentito belle parole per troppi anni nei notiziari e poi non è successo nulla".

Eppure il documento è durissimo. La relazione chiede anche che la leader Aun San Suu Kyy venga deferita alla Corte Penale Internazionale.

Il governo ha costantemente affermato che le sue operazioni erano mirate a colpire minacce terroristiche, ma il rapporto sostiene che i crimini perpetrati sono scioccanti.

Così un portavoce Onu: "C'è stata una specie di impasse all'Onu con il caso di Myanmar soprattutto nell'ambito del consiglio di sicurezza e dell'assemblea generale e del consiglio dei diritti umani, unico ad aver cercato davvero di dare uno sguardo a quanto occorso in Myanmar. È importante che l'Onu adesso agisca sulla base delle raccomandazioni di questa istituzione".

La giornalista Soraya Lennie ha una sua spiegazioe circa il possibile stallo di questo problema e del perché la comuità internazionale non agisca contro Myanmar e la stessa San Suu Kyy. "Credo che sia difficile accusare persone che per anni sono state i beniamini dei movimenti democratici e che passano ad essere accusati di partecipazione, almeno indiretta, a un genocidio e a crimini di guerra. Da quando la San Suu Kyy è arrivato al potere nel 2015 è davvero cambiata a causa di quello che hanno fatto i militari. A volte è stata silente quando non addirittura complice

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