Ancora manifestazioni nel paese centro-americano, uno dei più poveri del mondo: tre morti anche a Masaya, città simbolo della rivolta sandinista contro il dittatore Somoza. Ora le proteste sono contro Ortega, già a capo del Frente Sandinista. Già 184 i morti dal 18 aprile scorso.
Nicaragua, strage senza fine
Continuano gli scontri in Nicaragua, uno dei paesi più poveri al mondo.
Dopo Managua, ora le proteste sono concentrate soprattutto nella città di Masaya, simbolo della ribellione sandinista contro la dittatura di Somoza. Era la fine degli anni '70.
Anche il presente, però, è funesto. Bilancio degli scontri di martedì e mercoledì: seimorti e oltre trenta feriti.
Dal 18 aprile, giorno di inizio delle proteste contro la pesante riforma delle pensioni decisa dal governo del presidente Daniel Ortega, il Nicaragua sta vivendo un sanguinoso periodo di crisi sociale e politica.
Finora sono stati 184 i morti nelle manifestazioni di protesta.
Ortega, allora e adesso
Gli scontri si sono verificati il giorno dopo che i manifestanti hanno dichiarato Masaya "territorio libero dal dittatore", riferendosi al presidente del Nicaragua, Ortega, già leader del Frente Sandinista di Liberacion Nacional e Presidente del Nicaragua dal 1979 al 1990 e poi nuovamente dal 2007 ad oggi.
Titolo di un giornale locale**: "Ortega ordina la sua furia su Masaya".**
L'Associazione per i diritti umani del Nicaragua ha denunciato l'intervento a Masaya condotto da forze di polizia, unite a paramilitari e cecchini.
Il governo del Nicaragua - in particolare la vice presidente Rosario Murillo - descrive le proteste come "atti terroristici" e accusa il "crimine organizzato" di voler attaccare il paese.
Negoziati di pace interrotti
Gli Stati Uniti, l'Unione europea e la Chiesa cattolica nicaraguense stanno cercando di mediare, finora senza successo, tra governo e manifestanti.
Interrotti, al momento, anche i negoziati di pace.