Dall'inizio delle proteste contro il governo del presidente Ortega, il numero delle vittime è salito a 178. L'ultimo episodio: un incendio, causato da una sparatoria, ha provocato la morte di sei membri della stessa famiglia, tra cui tre bambini. Non ha retto la tregua imposta dalla Chiesa.
Ancora morte e violenza in Nicaragua.**
Uno dei giorni più sanguinosi in questi mesi di proteste contro il governo del presidente Daniel Ortega.**
Sei membri di una stessa famiglia, tra cui tre bambini, sono morti nell'incendio della loro casa di Managua, la capitale del paese: incendio seguito ad un sparatoria tra polizia e manifestanti, che ha causato la morte di altre due persone.
Un vicino di casa della famiglia, Josè Lopez, racconta: "Volevamo fare qualcosa per aiutarli, ma la polizia non ce l'ha permesso. Hanno attaccato loro, con i paramilitari, hanno sparato per uccidere, ecco le prove".
E mostra un proiettile.
La protesta sociale in Nicaragua dura ormai da due mesi, dal 18 aprile, data d'inizio degli scontri, e ha già causato 178 morti, in maggioranza civili.
Alla base delle manifestazioni c'è la riforma delle pensioni decisa dal presidente Ortega, che penalizza tutte le categorie di lavoratori.
Per finanziare la previdenza sociale, la riforma comporterebbe l'aumento dei contributi per i datori di lavoro, l'aumento del costo del lavoro (con aliquote più altre sugli stipendi) e una tassa del 5% che andrebbe a colpire i pensionati.
Dure le parole di Luis Almagro, segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani. "Facciamo un appello urgente per porre fine alla violenza e il terrore in Nicaragua".
I fatti di sabato a Managua interrompono la debole tregua imposta dalla mediazione della Chiesa cattolica.
Lunedi, intanto, riprendono i negoziati tra governo e manifestanti.
Non sarà facile trovare un accordo, nonostante Ortega abbia accettato che la Commissione Interamericana per i Diritti Umani (Cidh) mandi una missione per verificare la situazione nel paese.