Democrazia della rete: utopia o futuro 2.0?

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Di Diego Giuliani
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Il sogno della partecipazione attraverso la rete, brandito dal Movimento 5 Stelle, potrebbe già esser morto sul nascere. Realtà e limiti di un nuovo modo di scrivere la politica nell'analisi di un esperto

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Il sogno di una partecipazione compiuta della rete alla scrittura della politica potrebbe già esser morto sul nascere. Docente di comunicazione politica all'università britannica di Loughborough, Cristian Vaccari ha dedicato al fenomeno numerosi studi. Approdata in Italia con il Movmento 5 Stelle, la promessa di un coinvolgimento delle masse attraverso il web risulta oggi a suo avviso ancora lontana dall'essere mantenuta. "L'utilizzo della rete come strumento di assistenza alle decisioni delle elites - ci dice - potrebbe non svilupparsi nelle stesse modalità con cui era stato immaginato dalle prime utopie della democrazia elettronica". Tanti, a suo avviso, gli interrogativi che questa dinamica solleva e che nel complesso rimandano a quello più generale di democraticità e rappresentatività delle decisioni prese dalle componenti che decidono di partecipare alla costruzione della politica sul web. Futuro quindi di una vera democrazia 2.0 o utopia già morta sul nascere? 

Democratiche e rappresentative? Il dilemma delle decisioni 2.0

*"Dobbiamo porci il problema di come funziona la democrazia rappresentativa e non solo la democrazia diretta, dobbiamo porci il problema di chi vuole partecipare, e chi invece preferisce che siano altri a decidere. E quindi: 'Sono veramente democratiche le decisioni se partecipano solo delle minoranze agguerrite, magari non rappresentative di quello che rappresenta la maggioranza?' E poi dobbiamo porci il problema che la tecnologia non è mai necessariamente neutra e quindi bisogna vedere chi la utilizza se la utilizza allo scopo di legittimarsi o veramente allo scopo di far partecipare". *

La partecipazione della rete alla scrittura della politica: un progetto ancora imperfetto

Diversi studi rivelano poi che l'argomento della partecipazione alla politica attraverso la rete, in Italia si scontra ancora con numerosi problemi che finiscono per limitarne considerevolmente l'applicazione pratica. Con Lorenzo Mosca autore di due libri sul Movimento 5 Stelle, Cristian Vaccari ne ha a lungo studiate le piattaforme partecipative.

"Sul Movimento 5 stelle abbiamo fatto alcune ricerche, insieme al collega Lorenzo Mosca che sono uscite in due libri pubblicati dal Mulino, e nell'ultimo, che si chiama 'Movimento 5 Stelle, il partito di Grillo', ci siamo concentrati sulle piattaforme partecipative del Movimento 5 stelle e abbiamo verificato che sicuramente la possibilità di partecipare per influenzare le decisioni dei parlamentari o del partito a volte viene fornita, ma in condizioni problematiche. O perché i tempi della votazione sono troppo brevi, o perché le regole non sono chiare, o perché troppe poche persone partecipano e quindi non è rappresentativo di nulla quello che esce da questi forum. Poi va anche detto che nel 99,9% dei casi le decisioni prese coincidono perfettamente con l'indirizzo che viene dato dal vertice. Quindi, finché non si arriva alla possibilità di sovvertire la volontà del vertice si tratta più di legittimazione che di partecipazione".

La volontà della rete e il confronto (amaro) con la realtà

A ridimensionare la portata della promessa di una partecipazione dal basso attraverso i canali del web è anche la mancanza di competenze e conoscenze, comunque necessari alla definizione e concreta attuazione di qualsiasi politica. Perché il coinvolgimento della rete non resti uno specchietto per le allodole, è insomma inevitabile che la volontà espressa dagli internauti si iscriva nel dominio del possibile.

"Ci sono comunque stati esempi interessanti: in Islanda hanno riscritto la Costituzione in gran parte utilizzando la rete e prendendo spunto dalle proposte dei cittadini, ci sono partiti che cercano di utilizzare questi strumenti in maniera più democratica, di aprire maggiormente alla partecipazione. Poi però bisogna sempre che le volontà, gli input, gli stimoli che arrivano dal basso trovino una sintesi che si deve conciliare con le conoscenze, con le expertise, con i dati, con ciò che è possibile fare. Non solo ciò che in teoria la maggioranza di quelli che prendono la parola vorrebbe fare, ma ciò che è possibile fare e quali sono le conseguenze di quello che si fa. E questo è un problema molto più complicato che consentire alle persone di esprimersi, di votare o interagire". 

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