ONU: il mondo vive la più grande crisi umanitaria dal 1945

ONU: il mondo vive la più grande crisi umanitaria dal 1945
Di Simona Volta
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Soltanto in quattro Paesi, sono venti milioni le persone che rischiano di morire di fame

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Il mondo sta vivendo la più grave crisi umanitaria dal 1945. A lanciare l’allarme è l’Onu. Soltanto in Nigeria, Yemen, Somalia e Sud Sudan le persone che non hanno neppure lo stretto indispensabile per sopravvivere sono venti milioni. A devastare la vita di così tanti esseri umani sono le guerre, i cambiamenti climatici e le conseguenti carestie.

“Siamo a un punto cruciale della nostra storia – ha dichiarato Stephen O’Brien, Sottosegretario Onu agli aiuti umanitari durante una riunione del Consiglio di Sicurezza – dall’inizio dell’anno stiamo fronteggiando la più vasta crisi umanitaria dalla creazione delle Nazioni Unite. Più di venti milioni di persone, in quattro diversi Paesi, si trovano di fronte a fame e carestia. Senza uno sforzo globale collettivo e coordinato, le persone semplicemente moriranno di fame”.

Yemen

Soltanto nello Yemen due terzi della popolazione, pari a 14,1 milioni di persone, necessita aiuti. Da oltre due anni il Paese è in guerra. A scontrarsi sono le forze fedeli al presidente in esilio ʿAbd Rabbih Manṣūr Hādī (deposto con un colpo di Stato nel gennaio del 2015) e quelle legate agli Houthi, che appoggiano l’ex presidente ʿAlī ʿAbd Allāh Ṣāleḥ. Le aree in mano ai ribelli vengono regolarmente colpite da raid aerei da una coalizione a guida saudita, sostenuta da Stati Uniti e Regno Unito. La guerra ha fatto più di 7.400 morti e oltre 40.000 feriti. Più di tre milioni i profughi.

Sud Sudan

In Sud Sudan più di un milione di bambini è gravamente malnutrito. Anche il Paese africano, il più ‘giovane’ al mondo, è in guerra. Dopo soli due anni dalla secessione dal Sudan, e dal raggiungimento dell’indipendenza, nel dicembre del 2013 sono iniziati gli scontri tra militari di etnia dinka, fedeli al presidente Salva Kiir, e soldati dell’esercito di etnia nuer, guidati dal vicepresidente Riek Machar. L’accordo di pace, raggiunto nell’agosto del 2015, e la creazione di un governo di transizione non hanno fatto uscire il Paese dalla guerra civile. Il conflitto sembra assumere sempre più i connotati di un genocidio. Dal 2013 i morti sono decine di migliaia, 4 milioni i profughi. L’agricoltura del Paese, che vive prevalentemente di un’economia di sussistenza, è al collasso. Quasi la metà dei suoi dodici milioni di abitanti soffre di grave malnutrizione, il sistema sanitario nazionale assiste impotente alla diffusione del colera e nella capitale Juba l’assistenza alimentare alla popolazione viene fornita per circa il 75% dalle organizzazioni non governative e dalle Nazioni Unite.

Nigeria

Da sette anni, nel nord-est del Paese africano, imperversa Boko Haram. Più di 20.000 le vittime del gruppo estremista di matrice islamica. 2,6 milioni le persone che hanno abbandonato le proprie case. La malnutrizione è così accentuata che interi villaggi hanno visto morire tutti i bambini. Più di 7 milioni le persone che tra la Nigeria e la zona del lago Ciad non hanno cibo a sufficienza. Il lavoro delle Organizzazioni umanitarie viene complicato dall’impossibiltà di raggiungere alcune zone del Paese, totalmente controllate dalle milizie di Boko Haram.

Somalia

La Somalia è vittima di una grave siccità. Già nel 2011, nel Paese del Corno d’Africa morirono più di 250.000 persone. Ora il rischio che la tragedia si ripeta è altissimo. In Somalia circa 6,2 milioni di persone, la metà della popolazione, ha urgente bisogno di aiuti umanitari. A complicare il quadro, l’epidemia di colera che dall’inizio dell’anno interessa più di 8.400 esseri umani. Più di 200 i decessi. Anche in questo Paese africano, devastato da un susseguirsi di guerre civili durate un quarto di secolo, è complicato raggiungere alcune zone. Anche qui la causa sono i ribelli estremisti con matrice islamica.

Occorrono fondi

Per O’Brian servono urgentemente fondi. Quattro miliardi di euro sono il minimo strettamente indispensabile per provare a impedire la catastrofe. Ma occorre che questi soldi siano raccolti nel più breve tempo possibile.

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