Stop a South Stream, l'esperto: "Sconfitta per paesi dell'Europa dell'est"

Stop a South Stream, l'esperto: "Sconfitta per paesi dell'Europa dell'est"
Di Euronews
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Inaugurato in pompa magna a fine 2012, South Stream pare già arrivato al capolinea. “Se l’Europa non lo vuole, non verrà realizzato”, ha tuonato

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Inaugurato in pompa magna a fine 2012, South Stream pare già arrivato al capolinea. “Se l’Europa non lo vuole, non verrà realizzato”, ha tuonato Vladimir Putin, mentre il capo di Gazprom (che sul gasdotto ci aveva messo la firma) ha detto semplicemente: “È finita”.

Qualcuno spera ancora, ma il destino del progetto, di cui fanno parte anche l’italiana Eni, la francese Edf e la tedesca Wintershall, appare più che mai in bilico. L’obiettivo di South Stream, trasportare il gas russo in Europa bypassando l’Ucraina, era particolarmente caro ai Paesi attraversati: Bulgaria, Serbia e Ungheria.

Ma alla fine hanno prevalso altre ragioni. Quelle economiche, innanzitutto: i soli costi di costruzione sono già lievitati a 23 miliardi e mezzo di euro ed il totale supererebbe già i 32 miliardi.

In secondo luogo c‘è da considerare il quadro geopolitico attuale, molto diverso rispetto ai tempi del lancio. Il ruolo di Mosca nella crisi in Ucraina ha prodotto due effetti: da un lato l’impossibilità da parte di Gazprom di reperire capitali a causa delle sanzioni finanziarie occidentali; dall’altro la crisi diplomatica con l’Europa, che oggi mira a ridurre la sua dipendenza energetica dalla Russia.

“La decisione annunciata ieri dalla Russia ci dice che è urgente non solo e non tanto diversificare le vie di approvvigionamento, ma anche le sorgenti energetiche dell’Unione Europea”, ha dichiarato il capo della diplomazia europea Federica Mogherini.

Nonostante l’apparente vittoria diplomatica, in effetti, anche Bruxelles avrà il suo bel da fare.

In Bulgaria, dove le regole europee per la concorrenza energetica hanno bloccato i lavori del gasdotto, reclamano soluzioni alternative.

Mosca, dal canto suo, è già corsa ai ripari annunciando un nuovo gasdotto che approderà in Turchia.

Per approfondire la questione Gabor Kovacs di euronews ha parlato con András Deák, docente dell’Institute of World Economy.

Gabor Kovacs, euronews: “Chi sono i vincitori e i vinti dopo l’inaspettata cancellazione del progetto South Stream e come tutto ciò influenzerà la dipendenza energetica europea?”

András Deák: “È ovvio che se c‘è un nuovo progetto che sostituisce il South Stream, la Turchia potrebbe essere il vincitore assoluto. Ankara vedrà aumentare il volume del gas in transito nel paese. La Russia, invece, sta dirottando il flusso del gas dall’Ucraina alla Turchia. Questo dà un maggiore potere contrattuale ad Ankara. La Comissione europea può, dal canto suo, aumentare il suo prestigio, convincendo la Russia a fare un passo indietro, giocando sul fatto che un compromesso sarebbe stato conveniente per entrambe le parti. Ma alla fine il compromesso non c‘è stato. I perdenti sono chiaramente i paesi dell’Europa centro-orientale, quelli dove sarebbe dovuto passare il gasdotto. Fino alla fine di questo decennio avranno a disposizione solo il gasdotto ucraino. La loro situazione è peggiorata anche perché questi paesi avrebbero bisogno di procedere più lentamente nella diversificazione energetica, attraverso il mantenimento o la modifica a piccoli passi degli accordi sul gas tra Russia e Europa”.

euronews: “Negli ultimi due anni, l’Ungheria è stata tra i principali sostenitori di questo progetto. Perché era così importante? E la cancellazione del South Stream è un colpo politico o economico per Budapest?”

András Deák: “Quest’anno la cooperazione economica russo-ungherese ha avuto uno sviluppo straordinario. A gennaio è stato firmato un accordo sul nucleare, poi durante l’estate, l’Ungheria ha interrotto le forniture di gas verso l’Ucraina e negli ultimi mesi mesi, il governo magiaro ha fortemente sostenuto il progetto South Stream. Dietro tutto questo c‘è chiaramente un guadagno dal punto di vista macroeconomico. I russi hanno offerto qualcosa al governo, ma non sappiamo cosa. La domanda è: vale la pena stare sempre al fianco della Russia contro la Commissione europea, contro la solidarietà europea? Questo messaggio mostra chiaramente che non vale la pena essere più cattolici del Papa, o, diciamo così, più russi di Mosca. È stato inutile continuare a sostenere un progetto che Mosca non voleva più. Questo porterà all’Ungheria solo un maggiore isolamento”.

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