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Materie prime critiche: l’Ue sotto accusa per mancanza di trasparenza sui progetti d'estrazione

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen pronuncia il suo discorso durante una dichiarazione sulla preparazione del vertice UE-Cina, martedì 8 luglio 2025.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen pronuncia il suo discorso durante una dichiarazione sulla preparazione del vertice UE-Cina, martedì 8 luglio 2025. Diritti d'autore  AP Photo/Pascal Bastien
Diritti d'autore AP Photo/Pascal Bastien
Di Eleonora Vasques
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Quattro eurodeputati dei Verdi denunciano scarsa trasparenza della Commissione europea sui progetti per materie prime critiche. Valutano azioni legali per violazione del diritto all'informazione

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La Commissione europea è finita nel mirino di quattro eurodeputate del gruppo Verdi/Efa, che accusano l’esecutivo comunitario di aver bypassato il diritto alla trasparenza nella corsa all’approvazione dei progetti per l’estrazione di materie prime critiche. Le eurodeputate – Maria Ohisalo, Sara Matthieu, Majdouline Sbaï e Ana Miranda – stanno valutando un’azione legale.

Al centro della controversia c’è la Critical raw materials act (Crma), adottata lo scorso maggio, che punta a ridurre la dipendenza da fornitori esterni (come Cina e Usa) per l’approvvigionamento di litio, cobalto e altri minerali strategici. Il piano prevede 60 progetti di estrazione, di cui 47 nell’Ue.

“Gusci vuoti” e informazioni negate

Le eurodeputate hanno interrogato la Commissione su sei progetti - che vanno dalla Spagna alla Nuova Caledonia - che che temono siano stati approvati troppo in fretta nonostante le preoccupazioni locali, chiedendo di vedere quali valutazioni siano state fatte.

Denunciano di non avere ricevuto accesso alle valutazioni d’impatto ambientaleinformazioni sugli esperti indipendenti che hanno valutato i progetti. Anche il comitato di monitoraggio per le materie prime critiche – in teoria istituito per offrire trasparenza al Parlamento – viene definito un “guscio vuoto”.

“Queste decisioni hanno un impatto enorme su ambiente, territori e comunità locali. L’opacità con cui vengono prese è inaccettabile”, ha dichiarato Sbaï.

La Commissione ha risposto citando la riservatezza commerciale e la privacy degli esperti come motivi per non condividere i dati.

Interpellato da Euronews, un portavoce della Commissione ha dichiarato che “la decisione della Commissione è disponibile sul sito web, insieme a una mappa interattiva dei progetti selezionati. Si prega di notare che, in linea con l'articolo 46 della legge sulle materie prime critiche, i segreti commerciali e aziendali delle domande ricevute devono essere mantenuti riservati”.

Per quanto riguarda gli esperti, il portavoce della Commissione ha affermato che “al fine di proteggere il processo di valutazione indipendente e la privacy degli esperti, i loro nomi non vengono resi pubblici”.

I progetti contestati

Tra i casi più controversi figura la Mina Doade in Spagna, un progetto respinto nel 2020 e ripresentato con un nuovo nome nel 2024, approvato dalla Commissione. In Finlandia, l’estrazione prevista nella riserva naturale Viiankiaapa – parte della rete Ue Natura 2000 – ha sollevato indignazione.

In Francia, il progetto da 1 miliardo di euro nella regione dell’Allier, il più grande degli ultimi decenni, ha generato mesi di proteste locali per i rischi ambientali. Tensioni anche in Serbia, dove il progetto Jadar, dopo un blocco temporaneo, è stato rilanciato tra forti proteste della popolazione.

“Serve consenso, non scorciatoie”

Per le eurodeputate dei Verdi, il problema non è solo ambientale, ma anche politico. “Accelerare l’estrazione senza coinvolgere i territori è una ricetta per il disastro”, ha commentato Matthieu. Il gruppo chiede una revisione della governance del Crma, con più trasparenza, consultazioni pubbliche obbligatorie e accesso reale alle informazioni.

La partita è tutt’altro che chiusa. Con l’attuazione della legge appena avviata, le tensioni tra esigenze industriali e tutela dell’ambiente – e della democrazia – rischiano di esplodere.

*Articolo aggiornato con la risposta della Commissione europea

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