Per Mosca, la cancellazione del concerto del maestro Gergiev è il segno di una “persecuzione culturale” senza precedenti
La polemica che ha travolto il direttore d’orchestra russo Valery Gergiev culmina con un’accusa durissima da parte della Russia: “una persecuzione senza precedenti”, ha dichiarato nelle ultime ore Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri, dopo che il concerto previsto domenica alla Reggia di Caserta è stato ufficialmente annullato.
In un commento carico di tensione diplomatica, Zakharova ha anche citato in italiano una frase del Vangelo di Matteo: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci”.
Ma prima di Mosca, a sollevare il caso erano stati cittadini, artisti e attivisti italiani ed europei, che da giorni contestavano la partecipazione di Gergiev al festival “Un’Estate da Re”.
Le proteste e l’annullamento
Il nome di Gergiev, da tempo escluso dai principali teatri occidentali per la sua vicinanza al Cremlino e il suo mancato distacco dall’invasione russa dell’Ucraina, aveva acceso la polemica appena annunciata la sua presenza in Campania. Una petizione online con oltre 16.000 firme ha chiesto con forza l’annullamento del concerto. La stessa Yulia Navalnaya, vedova dell’oppositore Aleksei Navalny, ha definito l’invito al maestro “un’offesa alla memoria delle vittime del regime”.
Inizialmente le autorità regionali, con in testa il presidente della Campania Vincenzo De Luca, avevano difeso la scelta, sottolineando il valore artistico dell’evento e la volontà di “non fare della cultura uno strumento ideologico”. Ma le pressioni sono cresciute, fino alla presa di posizione del ministro della Cultura Alessandro Giuli, che ha parlato di “scelta opportuna” riferendosi alla cancellazione.
La replica di Mosca
La risposta russa è arrivata con toni durissimi. Secondo Mosca, l’annullamento è il risultato di “pressioni politiche” che mirano a censurare non solo un artista, ma un’intera cultura. La frase evangelica pronunciata da Zakharova è stata letta come un’accusa all’Italia di aver rinnegato valori culturali in nome della convenienza politica. “Valery Gergiev è vittima di un’aggressione ideologica, mascherata da indignazione morale”, ha detto ancora la portavoce del Cremlino.
Un artista divisivo
Valery Gergiev non è nuovo a controversie. Direttore del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo e già a capo di prestigiose orchestre europee, è considerato uno dei più grandi direttori viventi, ma anche vicinissimo a Vladimir Putin, con cui ha condiviso palchi e cerimonie ufficiali. Dopo il 2022, ha subito l’interruzione di collaborazioni da parte di istituzioni musicali in Germania, Austria, Francia e Stati Uniti.
Il concerto a Caserta sarebbe stato il suo ritorno ufficiale in Europa occidentale, evento che in altri tempi avrebbe avuto un valore musicale, ma che oggi è diventato un caso politico e culturale.
Arte e propaganda, un confine sempre più labile
Il caso Gergiev riaccende il dibattito sul rapporto tra arte e responsabilità pubblica. Se da una parte c’è chi difende l’autonomia culturale e invita a distinguere l’artista dalla politica, dall’altra sempre più voci sostengono che, in tempi di guerra e repressione, la neutralità culturale non esiste. La figura di Gergiev, per molti, incarna questa contraddizione: artista geniale ma al servizio di un regime autoritario.
Il ritiro dell’invito non ha solo impedito un’esibizione: ha segnato un confine netto su cosa oggi l’Europa intende accettare o respingere, anche nel campo della musica. Un confine che, secondo Mosca, è un attacco diretto alla cultura russa. Secondo altri, invece, è un segnale necessario in difesa dei valori democratici.