Elly Schlein chiede al governo un no netto alla guerra e all’uso delle basi militari Usa sul suolo italiano. Crosetto chiarisce: nessuna richiesta da Washington, ogni utilizzo va autorizzato da Roma
“L’Italia non partecipi alla guerra né consenta che il suo territorio venga usato per attaccare l’Iran”. È il messaggio chiaro della segretaria del Partito democratico Elly Schlein, che interviene con forza dopo l’impennata di tensioni tra Stati Uniti e Iran. “Trump – ha aggiunto – diceva che avrebbe portato la pace, e invece lancia bombe, trascinato da Netanyahu, senza nemmeno passare per il Congresso americano. È una pericolosa escalation che può infiammare il mondo. Serve subito una de-escalation diplomatica, non una corsa verso il conflitto”.
Le basi Usa in Italia: quante sono e dove sono
Il dibattito su un eventuale coinvolgimento dell’Italia nel conflitto ruota inevitabilmente attorno alla presenza di numerose basi statunitensi sul nostro territorio. Attualmente sono circa 12mila i militari americani dislocati in una ventina di installazioni lungo la Penisola, ospitate nell’ambito della cooperazione Nato.
Tra le strutture principali figurano:
Aviano (Friuli Venezia Giulia), sede del 31st Fighter Wing dell’aeronautica Usa;
Vicenza, dove si trova la caserma Ederle, cuore operativo delle forze terrestri americane in Europa;
Camp Darby, tra Pisa e Livorno, importante polo logistico per stoccaggio di armi e munizioni;
Ghedi e Solbiate Olona in Lombardia, basi di supporto alle operazioni aeree;
Sigonella, in Sicilia, hub aeronavale cruciale per la Sesta Flotta e il pattugliamento nel Mediterraneo;
Gaeta, porto d’appoggio della Marina Usa;
Napoli, sede del Comando della Forza Congiunta della Nato;
La Spezia, centro di ricerca della Nato sulla guerra sottomarina.
Queste basi non hanno funzione offensiva autonoma ma rappresentano snodi logistici e operativi strategici, che in caso di conflitto possono fornire supporto in termini di rifornimenti, sorveglianza, comando e comunicazioni. Non a caso, le basi sono state poste in stato di massima allerta dopo l'attacco americano, e sono stati rafforzati tutti i dispositivi di sicurezza.
Nessun via libera automatico: cosa prevedono le norme che disciplinano l'uso delle basi americane in Italia
Sull’eventuale utilizzo di queste basi in un’operazione bellica contro l’Iran, la normativa italiana è chiara: gli Stati Uniti possono farne uso solo previa autorizzazione del governo. Lo ha ricordato il ministro della Difesa Guido Crosetto, citando gli accordi bilaterali siglati nel 1951 e ribaditi dal cosiddetto “Shell Agreement” del 1995.
“Non abbiamo ricevuto alcuna richiesta da parte americana per impieghi ‘straordinari’ delle basi – ha in ogni caso precisato lo stesso Crosetto –. Ogni operazione diversa dalla normale attività deve essere comunicata e valutata. Parlare oggi di coinvolgimento del Parlamento è prematuro, ma quando l'Aula chiama a riferire, è un obbligo esserci”.
Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha confermato che non risultano ad ora attivazioni o pianificazioni che coinvolgano basi italiane. A ogni modo, ha sottolineato, “ogni azione sarà valutata alla luce delle nostre regole e del diritto internazionale” e ha precisato che gli attacchi americani contro l'Iran "non sono partiti dall'Italia".
Il precedente del drone: nessun decollo da Sigonella
Negli scorsi giorni alcune ricostruzioni giornalistiche avevano suggerito un possibile decollo da Sigonella di un drone MQ-9 Reaper che sarebbe stato utilizzato in un attacco mirato contro obiettivi iraniani.
Ma fonti tecniche hanno smentito con decisione: l’operazione è partita da basi americane nel Golfo Persico, molto probabilmente da al-Udeid, in Qatar, fuori dalla portata operativa delle installazioni italiane.
L’Italia tra diplomazia e deterrenza
Nel frattempo, il dibattito si intreccia con quello sulle spese militari. La richiesta della Nato di portare gli investimenti nella difesa al 2% per cento del Pil divide partiti e alleati. M5S e Avs hanno protestato in piazza contro il riarmo, mentre Azione apre all’ipotesi se i fondi saranno destinati a tecnologie, satelliti e sicurezza digitale.
Lo stesso Crosetto ha lanciato una riflessione sul futuro dell’Alleanza Atlantica: “La Nato deve evolvere. Se vuole garantire davvero la sicurezza globale, deve parlare anche con il Sud del mondo. Altrimenti non raggiungeremo mai un equilibrio stabile. La Nato, così com’è oggi, rischia di perdere la propria funzione”.
Nel mentre, cresce l’attesa per il summit dell'Alleanza atlantica in programma a L'Aia il 24 e 25 giugno. Il futuro delle basi americane in Italia – e il ruolo del nostro Paese in un mondo di crisi a catena – è tutt’altro che una questione secondaria.