Licenziato il ministro delle Finanze, Christian Lindner, che mercoledì ha proposto elezioni anticipate. L'opposizione chiede al governo Scholz di affrontare la crisi nelle urne e dare risposte a un'Europa messa in difficoltà su Nato e Ucraina dall'elezione di Trump alla Casa Bianca
Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, ha proposto al cancelliere tedesco Olaf Scholz e al ministro dell'Economia Robert Habeck, in una riunione a Berlino mercoledì di anticipare le elezioni da settembre a a inizio 2025.
Per tutta risposta Scholz, ha dato il benservito a Lindner. A questo punto al notizia riportata dalla Bild, che la coalizione di Scholz tra socialdemocratici liberali e verdi è al capolinea, è diventata realtà.
Circa un'ora dopo il Cancelliere Scholz ha affrontato la stampa e ha criticato il suo ministro delle Finanze senza mezzi termini:
Lindner “ha infranto la mia fiducia troppe volte”, ha detto Scholz, aggiungendo che “non c'è più una base di fiducia per un'ulteriore cooperazione”. Il leader dell'FDP è “più preoccupato della sua clientela e della sopravvivenza del suo partito”, ha osservato Scholz.
Altri media tedeschi riferiscono che nella crisi sia già intervenuto anche il presidente Frank-Walter Steinmeier, in contatto con il cancelliere e con il capo dell'opposizione, Friedrich Merz (Cdu).
La riunione dei leader della coalizione è stata ampiamente descritta come una riunione “di rottura” per la coalizione, con Lindner, in particolare, che ha lasciato intendere nel periodo precedente di non essere troppo preoccupato per quest'ultima.
Giovedì mattina Scholz ha deciso di nominare Joerg Kukies, il suo ex consigliere economico, come nuovo ministro delle Finanze.
Discordia su come rilanciare un'economia in difficoltà
Una coalizione travolta da gravi tensioni sul bilancio per il 2025 in seguito alla performance deludente dell'economia tedesca.
Molti legislatori della coalizione avevano sperato che, all'indomani della riconquista della presidenza statunitense da parte di Donald Trump, le lotte interne potessero essere messe da parte per concentrarsi sulle sfide geopolitiche future.
Il leader della SPD Lars Klingbeil ha dichiarato in mattinata all'emittente pubblica tedesca ARD: “Spero che ora tutti buttino a mare le tattiche di partito,questa sera e si rendano conto ancora una volta della responsabilità che hanno”.
I timori che la parte di Ue pro-Trump a guida Orban spicchi il volo
La crisi tedesca coincide con le elezioni negli Stati Uniti che hanno incoronato Donald Trump come 47° presidente degli Stati Uniti. L'aspettativa diffusa è che il sostegno degli Usa all'Ucraina e alla difesa europea si esaurirà mettendo l'Ue e la Germania in difficoltà.
Olaf Scholz ha dichiarato che la Germania rimarrà “un partner transatlantico affidabile” dopo la vittoria di Trump. “Possiamo ottenere molto di più lavorando insieme che l'uno contro l'altro”, ha scritto Scholz su X.
Eppure l'opposizione esorta il governo a cambiare linea.
“Penso anche che questo governo non sia più in grado di dare veri impulsi al Paese. Lo sviluppo economico è così scarso che dovremmo andare a nuove elezioni il prima possibile”, ha detto a Euronews Thomas Erndl, deputato dell'Unione Cristiano Sociale (Csu).
Quasi tutti i leader europei si sono congratulati con Trump per la vittoria. Il premier ungherese Viktor Orban è stato il primo a elogiare pubblicamente il nuovo presidente eletto degli Stati Uniti.
“Se c'è un membro dell'Unione Europea che sta violando le regole in molti modi, allora dobbiamo dirlo molto chiaramente all'Ungheria. L'Ungheria, in quanto membro della Nato e dell'Ue, deve dimostrare solidarietà ai valori dell'Ue alla nostra difesa comune", ha detto a Euronews Michael Link, vice-capogruppo parlamentare del Partito Liberal-democratico (Fdp).
Per Link "il gioco di sponda che Orban sta facendo con il presidente russo e altri, anche con il presidente cinese, è una seria sfida per l'unità della Nato e dell'Ue”.
I risultati delle elezioni americane potrebbero ispirare Berlino a cercare di accomodare le divergenze tra le anime della coalizione al potere, mentre l'Europa affronta la sfida di una possibile autonomia dagli Stati Uniti nel settore della difesa.