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Balneari: “no alla serrata”, alcuni imprenditori del Lazio si preparano alle gare delle concessioni

Roseto degli Abruzzi
Roseto degli Abruzzi Diritti d'autore Domenico Stinellis/AP
Diritti d'autore Domenico Stinellis/AP
Di Giorgia Orlandi
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Con circa 6.500 aziende attive, l'impresa balneare è un settore importante per l'economia regionale ma che contribuisce poco ai conti pubblici. La prospettiva di gare pubbliche per distribuire le concessioni delle spiagge ha causato proteste, ma nel Lazio c'è chi si prepara a competere

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Sono undici in tutto i gestori di stabilimenti balneari in un tratto di costa lungo 2 chilometri nella zona di Fiumicino, che nella giornata di martedì hanno dato vita ad una rete di imprese il cui scopo è quello di prepararsi alle gare, aprendo così un dialogo con le istituzioni.

Insieme a loro anche associazioni di categoria come Federbalneari e Fiaba, entrambe presenti ai tavoli interministeriali per la messa a punto di una legge quadro, da tempo sollecitata dalle istituzioni Europee, per far recepire la Direttiva Bolkestein. Tema diventato ancora più stringente con la proroga delle concessioni in scadenza a fine 2024.

Un approccio diverso rispetto alla serrata degli ombrelloni indetta nei giorni scorsi. “Pensiamo che lo sciopero debba essere appannaggio magari dei metalmeccanici che hanno davvero esigenza di scioperare. Per quanto riguarda il sistema concessorio del demanio statale, riteniamo che ci debba essere un tavolo dove scrivere insieme le norme”, dichiara Marco Maurelli Presidente di Federbalneari Italia.

Gli fanno eco le parole di Marco Lepre, concessionario anche lui e Presidente della nuova rete di imprese del Lungomare della Salute di Fiumicino. “Lo scopo”, dice, “è quello di partecipare a queste gare che sembrano ineluttabili con gli strumenti migliori che possiamo avere a livello di aggregazione” spiega Lepre, che continua,“si tratta della condivisione di una serie di progetti in modo che il comune possa mettersi in evidenza a livello di punteggio”.

“È un modello unico in Europa”, aggiunge Lepre, “intere famiglie ci vivono da anni e molte persone non sono in grado di cambiare lavoro. È un patto che abbiamo siglato con lo Stato non è giusto rimetterci per colpa di pochi”. Il Lazio infatti è una delle poche regioni in cui la gestione delle concessioni spetta al comune, ma come sottolinea Lepre, è opportuno che prima venga fatta una legge a livello nazionale da parte del governo.

Un settore quello delle concessioni balneari che nella maggior parte è a gestione familiare con un rinnovo automatico delle licenze di generazione in generazione. Un giro d’affari quindi importante con un impatto diretto sul Pil regionale. Ad oggi sono infatti circa 6.500 le imprese balneari che lavorano nel settore con un giro d’affari pari ad un miliardo e mezzo di euro, di cui poco più di 100 milioni pagati allo Stato per la gestione delle concessioni.

“Ci prepariamo a tutte le competizioni possibili e immaginabili” dice Maurelli. “Ci auspichiamo che il governo faccia la propria parte con la Commissione Europea in un negoziato difficile e sfiancante. Il governo Meloni ha presentato un documento formale per discutere della riforma con la Commissione, cosa che in 14 anni non c’è mai stata”.

La cosiddetta “saga” come la chiamano in molti, delle concessioni, va infatti avanti da anni. Da quando il mancato adeguamento da parte del governo italiano alla direttiva a tutela del libero mercato in Europa, approvata nel 2006 ha portato non solo all’avvio di una procedura d’infrazione da parte della Commissione ma anche ad una recente pronuncia del Consiglio di Stato in cui si dichiaravano “illegittime le proroghe generate dalle concessioni”.

Eleonora Poli, a capo della sede romana del think tank “Centro Politiche Europee” e autrice di uno studio recente sull’argomento spiega quali sono i rischi concreti per l’Italia.

“Si tratta di sanzioni molto pesanti”, spiega Poli. “Non è solo un problema del governo di oggi”, dice. “È un problema che l’Italia si porta dietro da diversi anni. C’è bisogno di una regola a livello nazionale, che stabilisca come queste concessioni devono essere rinnovate, con una durata specifica e con delle regole chiare che possano essere applicate da municipi, comuni e regioni”.

E proprio in questi giorni è arrivato anche il richiamo dell’Antitrust che in una segnalazione alla Conferenza Stato – regioni, fa notare che il “continuo ricorso alle proroghe ingiustificate delle concessioni viola i principi della concorrenza”.

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