Le 276 ragazze nigeriane sequestrate dal gruppo terroristico Boko Haram in una mostra

La mostra dell'artista Prune Nourry.
La mostra dell'artista Prune Nourry. Diritti d'autore Sunday Alamba/Copyright 2022 The AP. All rights reserved
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Di Ilaria Federico
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L'artista francese Prune Nourry ha rappresentato le ragazze rapite nel 2014 basandosi sulle loro foto

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Ogni testa rappresenta una delle ragazze rapite da Boko Haram nel 2014. Sono le sculture dell’artista francese Prune Nourry esposte nella prestigiosa galleria d’arte contemporanea di Lagos, Art Twenty One.

Nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2014, 276 studentesse cristiane di età compresa tra i 16 e i 18 anni sono state rapite dal gruppo terroristico islamista Boko Haram nella scuola secondaria femminile di Chibok, nell’est della Nigeria. Prune Nourry ha rappresentato le ragazze basandosi sulle loro foto.

"Le persone che vedranno la mostra capiranno com'è importante ricordare quello che è successo e ricordare è importante per l'educazione delle ragazze. La scultura può personificare qualcuno e catturare l'essenza della sua vita", spiega l'artista che ha collaborato per dei mesi con l'Università Obafemi Awolowo per dar vita al progetto. Prune Nourry si è ispirata alla celebre Testa di bronzo di Ife per la realizzazione delle sculture.

Chibok e Boko Haram

Le studentesse erano state rapite a Chibok durante una fase di espansione di Boko Haram, prima che il gruppo terroristico, che da alcuni anni controlla diversi territori nel nordest della Nigeria, si affiliasse allo Stato Islamico.

Chibok è una città appartenente allo stato di Borno. La popolazione del nord della Nigeria è per la maggior parte musulmana, ma Chibok ha una storia particolare: nel 1941 una coppia di missionari statunitensi arrivò nella città e convertì gli abitanti al cristianesimo. 

Nella scuola femminile della città, che era anche un convitto, studentesse musulmane e cristiane seguivano le lezioni insieme. I militanti di Boko Haram attaccarono la scuola per rubare un macchinario per la produzione di mattoni. Poi bruciarono l’edificio e decisero di rapire le ragazze.

La lenta liberazione

Quest'anno, dodici ragazze scomparse sono tornate nelle loro famiglie, ma non erano sole. Secondo i genitori hanno tutte avuto dei figli, 24 in totale, con i loro rapitori. Ma più di cento delle ragazze di Chibok rimangono introvabili.

All'inizio di dicembre, il consigliere per la sicurezza nazionale nigeriana, Babagana Monguno, ha assicurato che i militari rimangono impegnati per la causa, ma ha aggiunto che si tratta di un "processo d'intelligence sensibile, quindi bisogna essere scrupolosi".

A luglio, l'esercito nigeriano aveva trovato i corpi di due studentesse rapite. La prima ragazza era stata trovata soltanto nel maggio 2016. Poche altre sono riuscite a fuggire nel corso degli anni. Tra il 2016 e il 2018, 103 delle vittime sono state liberate grazie ai negoziati tra il governo nigeriano e il gruppo Boko Haram.

#BringBackOurGirls

La campagna #BringBackOurGirls è stata lanciata una settimana dopo il rapimento, con il messaggio di un avvocato nigeriano su Twitter, "#BringBackOurGirls" che significa "ridateci le nostre ragazze". L'obiettivo era quello di spingere il governo nigeriano a fare tutto il possibile per liberare le studentesse.

Il messaggio viene condiviso da più di quattro milioni di persone in un mese. E raggiunge l'Occidente. Personaggi famosi hanno partecipato al movimento, come Kim Kardashian e Michelle Obama, fotografata alla Casa Bianca con un foglio bianco su cui è scritto lo slogan.

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