Stellantis accusa un crollo degli utili per dazi Usa, svalutazioni e progetti abbandonati. Il Ceo Filosa promette decisioni dure per tornare alla crescita
Il colosso automobilistico Stellantis, secondo produttore di auto in Europa, ha annunciato martedì un crollo dei profitti e una perdita di 3,3 miliardi di euro in contanti nel primo semestre del 2025. A pesare sui conti sono stati i dazi imposti dagli Stati Uniti, la cancellazione di un progetto sulle celle a combustibile a idrogeno e svalutazioni su investimenti tecnologici, oltre a un quadro normativo più rigido in materia di emissioni.
La casa madre di marchi come Fiat, Peugeot, Lancia e Maserati ha dichiarato che i soli dazi statunitensi, imposti sotto l'amministrazione Trump, sono costati all’azienda 300 milioni di euro nei primi sei mesi dell’anno. Una cifra destinata ad aumentare fino a 1,5 miliardi entro la fine del 2025. L’Unione europea, finora, non è riuscita a negoziare una revoca dei dazi o a garantire condizioni favorevoli per gli esportatori europei del settore.
Gli utili netti sono scesi in modo significativo rispetto ai 5,6 miliardi registrati nello stesso periodo del 2024. Le difficoltà sono state aggravate dalla cancellazione di un progetto per lo sviluppo di celle a idrogeno, che ha generato un buco di cassa da 3,3 miliardi, e da un adeguamento contabile negativo sugli investimenti in piattaforme tecnologiche. Il cambio delle normative Usa sulle emissioni di C02 ha ulteriormente compresso i margini operativi.
Impatti su scala europea
I problemi di Stellantis non si limitano al bilancio aziendale, ma rischiano di avere effetti a catena sull’intero tessuto industriale europeo.
Il settore automobilistico, secondo la Commissione europea, rappresenta circa il 7 per cento del Pil dell’Ue, sostiene 14 milioni di posti di lavoro e genera ogni anno un surplus commerciale significativo. Ogni battuta d’arresto, dunque, si riflette sulla filiera: dall’acciaio alla chimica, dalla logistica all’innovazione tecnologica.
Le aziende automobilistiche investono oltre 70 miliardi di euro l’anno in ricerca e sviluppo. Il rallentamento di un attore come Stellantis potrebbe pesare anche sull’evoluzione tecnologica e sulla transizione verde del continente.
La crisi finanziaria del gruppo rischia inoltre di alimentare tensioni sindacali e politiche nei Paesi dove Stellantis opera. I timori riguardano possibili chiusure di impianti, ritardi nel lancio di nuovi modelli e un inasprimento dei rapporti con i lavoratori, mentre la dirigenza tenta di rientrare dai deficit.
La risposta del nuovo Ceo
Alla guida della casa automobilistica è da poco arrivato Antonio Filosa, nominato Ceo a giugno. In una nota ufficiale, Filosa ha definito “necessarie” decisioni difficili per rimettere Stellantis su un percorso di “crescita redditizia” e “miglioramento significativo dei risultati”.
"Le mie prime settimane da Ceo hanno rafforzato la convinzione che riusciremo a risolvere ciò che non va in Stellantis", ha dichiarato Filosa. «Il nuovo team esecutivo è impegnato nel prendere le scelte più difficili per riportare competitività e solidità finanziaria al gruppo».
Prospettive per il secondo semestre
Nonostante il calo dei ricavi del 13 per cento a 74,3 miliardi di euro nel primo semestre, l’azienda prevede un miglioramento nella seconda metà dell’anno. Stellantis ha fatto sapere di aspettarsi un aumento dei ricavi netti e un ritorno a un flusso di cassa positivo, grazie a una più attenta gestione delle spese e a un rilancio commerciale in mercati chiave.
Il gruppo dovrà però affrontare ostacoli significativi nel breve termine, tra cui un clima geopolitico incerto, una transizione ecologica costosa e mercati interni in contrazione. In questo contesto, la sfida sarà mantenere l’equilibrio tra innovazione, sostenibilità e redditività.
Nel frattempo, l’industria europea osserva con attenzione. Se Stellantis non dovesse riuscire nel rilancio, i contraccolpi potrebbero estendersi ben oltre i confini aziendali.