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Attacchi Usa all'Iran: petrolio in rialzo e mercati in calo, tensione nello Stretto di Hormuz

Facciata della Borsa di New York, 18 giugno 2025, New York, Stati Uniti
Facciata della Borsa di New York, 18 giugno 2025, New York, Stati Uniti Diritti d'autore  Yuki Iwamura/Copyright 2025 The AP. All rights reserved.
Diritti d'autore Yuki Iwamura/Copyright 2025 The AP. All rights reserved.
Di Doloresz Katanich & Eleanor Butler
Pubblicato il
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I bombardamenti statunitensi su tre siti nucleari e militari iraniani scuotono gli investitori. Il prezzo del greggio sale, mentre le Borse asiatiche e i futures americani arretrano. Teheran minaccia ritorsioni e valuta la chiusura dello Stretto

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Gli investitori hanno reagito agli attacchi degli Stati Uniti contro l’Iran nel fine settimana, mentre lunedì mattina Teheran e Israele hanno continuato a scambiarsi missili.

Alle 7:15 Cest, il prezzo del Brent è salito dell’1,53%, raggiungendo i 78,19 dollari al barile. Il WTI ha segnato un +1,48%, attestandosi a 74,93 dollari.

Domenica, le forze statunitensi hanno colpito tre siti nucleari e militari iraniani, sostenendo che non si possa permettere a Teheran di ottenere un’arma nucleare.

Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha dichiarato che il Paese "non si arrenderà mai alla prepotenza e all’oppressione", mentre il ministro degli Esteri Abbas Araghchi è a Mosca per colloqui con il presidente russo Vladimir Putin.

Mercati in calo dopo i raid statunitensi

I futures dell’S&P 500 sono scesi dello 0,13% a 6.010,25, quelli del Dow Jones dello 0,2% a 42.431,00, mentre il Nasdaq ha perso lo 0,18%, scendendo a 21.804,50.

In Asia, Tokyo ha visto l’indice Nikkei 225 calare dello 0,19% a 38.331,12. Il Kospi di Seoul è sceso dello 0,3% a 3.012,88, mentre l’S&P/ASX 200 australiano ha registrato un -0,37%, attestandosi a 8.474,40.

In controtendenza, l’Hang Seng di Hong Kong ha guadagnato lo 0,35% (23.611,68 punti) e lo Shanghai Composite lo 0,13% (3.364,29 punti).

Il petrolio al centro della crisi

Il conflitto, innescato da un attacco israeliano del 13 giugno, ha spinto al rialzo i prezzi del petrolio, dato il ruolo chiave dell’Iran come produttore globale e la sua posizione strategica sullo Stretto di Hormuz, da cui transita una quota significativa del greggio mondiale.

Gli investitori temono che Teheran possa colpire infrastrutture petrolifere nei Paesi vicini o ostacolare il passaggio delle petroliere. La compagnia di navigazione Maersk ha confermato domenica che continua a operare nello Stretto, pur monitorando attentamente la sicurezza e dichiarandosi pronta ad adottare misure operative se necessario.

Secondo i dati di Bloomberg, due superpetroliere – Coswisdom Lake e South Loyalty – si sono ribaltate domenica nello Stretto di Hormuz.

Tensione nello Stretto di Hormuz

Il futuro dei mercati dipenderà anche dalla reazione dell’Iran agli attacchi subiti. Teheran potrebbe tentare di chiudere lo Stretto posizionando mine o sequestrando navi, provocando una probabile risposta energica della marina statunitense. In tal caso, l’aumento dei prezzi del petrolio potrebbe essere repentino ma non duraturo.

Tuttavia, molti analisti ritengono improbabile una chiusura dello Stretto: anche l’Iran lo utilizza per esportare il proprio greggio, in particolare verso la Cina. Il petrolio rappresenta una delle principali fonti di reddito per il regime.

Una chiusura dello Stretto avrebbe conseguenze globali: aumenterebbero i costi delle merci trasportate via mare e si complicherebbe il processo di disinflazione negli Stati Uniti, con il rischio di mantenere i tassi d’interesse elevati più a lungo.

Intanto, lunedì mattina il presidente Usa Donald Trump ha evocato la possibilità di un cambio di regime in Iran. "Se l’attuale regime iraniano non è in grado di rendere l’Iran di nuovo grande, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime?", ha scritto sul suo social Truth.

Una posizione che contrasta con quella del vicepresidente J.D. Vance, che aveva dichiarato in precedenza che l’amministrazione non punta a un cambio di leadership a Teheran.

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