La Commissione europea parlerà con le parti sociali e valuterà l'ipotesi di esaminare una nuova legge entro la fine dell'anno
La Commissione europea ha avviato una consultazione di sei settimane con le parti sociali per valutare l'opportunità di varare una legge che tuteli i diritti dei lavoratori della cosiddetta gig economy. In Europa sono 24 milioni le persone che hanno lavorato almeno una volta per le piattaforme online, il cui utilizzo è cresciuto ulteriormente durante la pandemia: per tre milioni di lavoratori si tratta della fonte di reddito principale. Le pressione di sindacati e lavoratori hanno spinto Bruxelles ad avviare la consultazione.
"L'economia della piattaforma online è una realtà che non sparirà - ha detto Margrethe Vestager, commissario europeo alla concorrenza -. Nuove tecnologie, nuove fonti di conoscenza, nuove forme di lavoro modelleranno il mondo nei prossimi anni. E per quante opportunità possa offrire, i diritti acquisiti dai lavoratori non devono venire meno. Che si tratti di lavori online o offline, tutte le persone dovrebbero essere protette e gli dovrebbe essere permesso di lavorare in sicurezza e con diginità".
Una decina di giorni fa Uber ha presentato un documento in cui chiede ai regolatori europei l'introduzione di nuovi standard per i lavoratori delle piattaforme online in Europa. "Crediamo che sia possibile un nuovo approccio, in cui l'accesso alle protezioni e ai benefici non vada a scapito della flessibilità e della creazione di posti di lavoro - si legge nel documento -. Abbiamo bisogno di leggi chiare e progressive che riconoscano il valore di questo tipo unico di lavoro indipendente e ci aiutino a proteggerlo meglio".
Stando ai dati diffusi da Uber nel 2020 in tutta Europa sono 600mila gli autisti e corrieri che hanno lavorato per l'azienda. Nel triennio 2018-2020 i lavoratori della piattaforma hanno guadagnato più di 12 miliardi di euro, mance escluse. Al termine della consultazione Bruxelles esaminerà il contenuto di una possibile legge entro la fine dell'anno, a meno che sindacati e imprese non decidano di negoziare la questione in autonomia.