Il generale Burhan nomina Idris premier in Sudan. Il Paese resta diviso tra esercito e RSF, con crisi umanitaria e guerra in corso
Il generale Abdel-Fattah Burhan, leader delle Forze Armate Sudanesi (SAF) e del Consiglio sovrano transitorio, ha nominato Kamil al-Taib Idris come nuovo primo ministro. Idris, ex diplomatico e funzionario delle Nazioni Unite, sarà incaricato di formare un governo di transizione mentre la guerra civile, iniziata nell'aprile 2023, continua a devastare il Paese.
Chi è Kamil al-Taib Idris: il profilo del nuovo premier
Diplomatico di lungo corso e già candidato alla presidenza, Idris ha ricoperto ruoli di rilievo presso le Nazioni Unite e vanta una lunga esperienza nel diritto internazionale. Il suo incarico arriva in un momento delicato, in cui la legittimità politica delle istituzioni è contesa tra esercito e paramilitari.
L’esercito sudanese ha recentemente guadagnato terreno, respingendo la RSF da Khartoum. Tuttavia, le Forze di Supporto Rapido hanno intensificato gli attacchi contro Port Sudan, sede dell’amministrazione sostenuta dalle SAF, cercando di indebolire la percezione della sicurezza garantita dal governo militare.
Una crisi umanitaria senza precedenti: carestia e sfollati
Secondo l’Onu, oltre 13 milioni di persone sono sfollate, e quasi metà della popolazione sudanese è in grave insicurezza alimentare. Alcune aree del Paese sono già colpite da carestie. Le violenze di guerra hanno causato tra le 24.000 e le 150.000 vittime, mentre le denunce di crimini contro l’umanità si moltiplicano.
A febbraio 2025, la RSF ha firmato una carta politica a Nairobi per proporre un governo alternativo, basato su uno Stato laico e decentralizzato. Un passo che aumenta il rischio di una scissione del Sudan, già provato da due anni di conflitto e instabilità.
Crimini di guerra in Sudan: le accuse contro SAF e RSF
Organizzazioni come Amnesty International e l’Ohchr hanno documentato gravi violazioni dei diritti umani. Si parla di stupri sistematici, uccisioni etniche e attacchi indiscriminati a civili, che potrebbero configurarsi come crimini di guerra e contro l’umanità da parte di entrambe le fazioni.