La revoca da parte del ministero della Giustizia italiano dell'arresto di Mohammad Abedini in cambio della liberazione di Cecilia Sala non chiude una vicenda ancora piena di ambiguità e incognite. Sanzioni, tecnologie, il ruolo della Svizzera e della giustizia statunitense
Mohammad Abedini è tornato a casa, ma senza valigia. L’ingegnere dei segreti tecnologici con cittadinanza iraniana ed elvetica scarcerato dalle autorità giudiziarie italiane è già in Iran.
Tuttavia, il suo trolley con materiale tecnologico altamente sensibile e un prezioso hard disk è rimasto nei forzieri della procura di Milano.
Abedini ha riacquistato la libertà dopo la liberazione da parte dell’Iran della giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata a Teheran qualche giorno dopo l’arresto di Abedini.
Il dipartimento della Giustizia statunitense ha espresso in una dichiarazione rilasciata al quotidiano Italiano La Repubblica “profonda delusione” per la mancata estradizione dall'Italia verso gli Stati Uniti dell’ingegnere iraniano.
In poche parole, per Washington, le autorità di Roma avrebbero ceduto, come in altre situazioni analoghe, ai ricatti di potenze e organizzazioni ostili straniere pur di rimpatriare incolumi i propri cittadini.
Quello tra Roma e Teheran è un accordo che segue il più classico degli schemi di scambio di prigionieri e ostaggi in intrighi internazionali legati al traffico di informazioni sensibili, soprattutto in tempo di guerra e tensioni.
La fase acuta dell’intrigo si è consumata tra il 16 dicembre 2024, data dell’arresto di Mohammad Abedini all’aeroporto di Milano Malpensa, e il 12 gennaio, giorno della sua scarcerazione.
La variante elvetica
L’arresto era avvenuto su richiesta delle autorità Usa per violazione della legislazione americana sulle sanzioni inviando componenti elettronici sofisticati di manifattura statunitense all’Iran.
Altra grave accusa, l’ingegnere iraniano avrebbe dato sostegno materiale - fornendo sistemi di guida Uav (droni militari) - all’organizzazione terroristica straniera dei Guardiani della Rivoluzione che, attraverso un attacco di droni, effettuato il 28 gennaio dell'anno scorso, ha provocato la morte di tre GIs in una base Usa situata sulla permeabile frontiera tra Siria e Giordania.
Secondo gli indizi in possesso delle agenzie di sicurezza di Washington, Abedini avrebbe avuto accesso al materiale sensibile di fabbricazione americana in Svizzera.
“Mohammed Abedini dirigeva una società situata nelle pertinenze del parco d'innovazione tecnologica del Politecnico di Losanna Epfl - ha dichiarato a Euronews Jaques Baud, colonnello in pensione dei servizi d’informazione militari svizzeri -. La società si chiama Illumove SA e produceva, o forse produce, delle componenti che possono avere diverse applicazioni. Se diamo un’occhiata al loro sito vediamo anche dei prodotti di tecnologia medica, ad esempio”.
Abedini non è da solo: nel raccoglitore delle agenzie di giustizia e sicurezza Usa c’è anche il suo collega, cittadino nordamericano e iraniano, Mahdi Mohammad Sadeghi, già dietro le sbarre in un carcere del Massachusetts.
Caso Abedini: la nota del ministero della Giustizia italiano
Abedini è a piede libero in Iran e Cecilia Sala è tornata a casa.
Tuttavia le autorità giudiziarie italiane conservano il trolley di Abedini con i dispositivi tecnologici segreti, malgrado le ragioni della sua liberazione (con mancata estradizione) fossero del tutto chiare come riportato nelle motivazioni contenute nella nota del ministero della Giustizia Italiano.
In quest'ultima si legge che nessun elemento risulta a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari.
La tecnologia iraniana
È noto quanto la Repubblica islamica necessiti di componentistica militare sofisticata di origine occidentale soprattutto per missile e droni.
“L'industria militare iraniana è un caso scuola di come un comparto sia cresciuto e si sia consolidato soprattutto in alcuni settori, a cominciare appunto da quello dei droni e della missilistica (nonostante) un regime di embargo e sanzioni sempre più stringenti”, dichiara a Euronews Pietro Batacchi, direttore della rivista specializzata militare italiana Rid, Rivista Italiana Difesa.
“Tuttavia” aggiunge Batacchi “la tecnologia di origine occidentale è più affidabile, soprattutto quando si parla di sistemi di navigazione, di giroscopi e di piattaforme inerziali, e questo è un aspetto che possiamo ritrovare anche nell'ambito del conflitto russo-ucraino, dove abbiamo scoperto che i missili russi soprattutto nella prima fase della guerra erano pieni di componentistica occidentale nei sistemi di navigazione e di guida. Questo discorso vale a maggior ragione per l'Iran che (dal punto di vista dello sviluppo tecnologico) non è la Russia".
Secondo la stampa svizzera la giustizia Usa sospetta che Illumove SA sia una società di comodo attraverso la quale Abedini avrebbe fornito a Teheran componenti sotto sanzioni americane, approfittando delle legali ed ordinari scambi commerciali o scientifico -accademici di tecnologia duale tra gli Stati Uniti alla Svizzera, due Paesi che tradizionalmente intrattengono eccellenti rapporti politici, economici e diplomatici.
“Dubito che la valigia di Abedini diretta in Iran fosse piena di componenti elettronici. Penso che avesse un campionario, come quelli che si portano all’estero per promuovere una vendita. Non credo si possa parlare di esportazione”, precisa Jaques Baud.
Tuttavia, anche un solo campione tecnologico può avere sviluppi industriali su larga scala.
Le capacità tecnologiche iraniane
Infatti “un'altra caratteristica dell'industria militare iraniana negli ultimi 30 anni è stata quella della retro-ingegneria (il cosiddetto reverse engineering) con la riproduzione di una serie di componenti da utilizzare soprattutto negli strumenti tecnologici di origine occidentale", conclude Batacchi.
Il ruolo della start-up di Losanna sarebbe stato scoperto di recente dando luogo, secondo Jaques Baud, ad alcune ambiguità e ad azioni unilaterali da parte delle autorità Usa nei confronti di Mohammed Abedini, un cittadino iraniano ed elvetico: "la società Illumove sembra essere stata inserita nella lista delle aziende sotto sanzioni Usa un po' all’ultimo minuto, lo scorso dicembre, solo qualche giorno prima dell’arrresto di Abedini".
Anche un altro scienziato iraniano sarebbe sotto osservazione, si tratta dell’ex socio di Abedini alla guida di Ilumove SA, ma per il momento non è oggetto di attenzione diretta da parte delle autorità giudiziarie Usa avendo abbandonato la società nel 2020.