Covid-19: cala la speranza di vita, ma potrebbe andare peggio ai tassi di natalità ed emigrazione

Un'anziana con la mascherina durante una passeggiata nel Parco del Retiro a Madrid, Spagna, lunedì 1 giugno 2020
Un'anziana con la mascherina durante una passeggiata nel Parco del Retiro a Madrid, Spagna, lunedì 1 giugno 2020 Diritti d'autore AP Photo
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Di Laura LlachPablo Ramiro, Lillo Montalto Monella
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In Spagna, il paese in Europa con più contagi, per la prima volta in 35 anni l'aspettativa di vita è diminuita di un anno. Peggio è andata al nord Italia: -2 anni, con punte di -5 anni a Bergamo e Cremona. Si torna indietro di 20 anni, al dato del 2000.

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Nel XIV secolo la peste nera in Europa uccise quasi cinque persone su dieci. Un secolo fa, la cosiddetta influenza spagnola causò più di 50 milioni di morti. Nel 2020, a quasi otto mesi dallo scoppio della pandemia di Covid-19, si contano già un milione di decessi.

In Spagna, il paese in Europa con più contagi, per la prima volta in 35 anni l'aspettativa di vita non solo ha frenato, ma è diminuita. Per essere precisi, secondo le proiezioni dell'Istituto Nazionale di Statistica (INE), è calata di quasi un anno: 10 mesi tra le donne (85,44) e 11 mesi tra gli uomini (80,01). Come illustra Albert Esteve, direttore del Centro Studi Demografici, in alcune regioni spagnole l'eccesso di mortalità ha toccato il 40%. 

Peggio ancora è andata in Italia, o meglio, al Nord Italia. 

Come ha certificato l'Istat a giugno, nelle province maggiormente colpite dal Covid-19 le proiezioni indicano che si passerebbe da una speranza di vita alla nascita di quasi 84 anni, a una di circa 82. Al centro-sud il cambiamento è invece minore o "trascurabile". 

Le due Province che guidano la classifica (Bergamo e Cremona) segnano una riduzione della speranza di vita alla nascita che risulta superiore ai 5 anni. Riduzione che a Bergamo arriva a raggiungere i sei anni allorché la si misura al 65° compleanno. Un passo indietro di 20 anni, ai livelli di inizio secolo.

Il confronto con le altre pandemie

L'influenza "spagnola" del 1918 colpì i giovani e questo portò ad una riduzione dell'aspettativa di vita di molti anni, indica Esteve. Solo in Spagna morirono circa 200mila persone, ovvero l'1% della popolazione, secondo i dati ufficiali dell'epoca. Una cifra ritenuta comunque conservativa. 

I sintomi erano simili a quelli del Covid-19: tosse, febbre alta e difficoltà respiratorie. La grande differenza è che la "spagnola" colpì la fascia d'età più vulnerabile allora, ovvero quella compresa tra i 25 e i 34 anni. "Il Covid-19 ha invece un modello di mortalità che si concentra nelle età più avanzate, e quindi l'incidenza sulla speranza di vita sarà minore", dice Esteve.

Paradossalmente, tra qualche anno, scopriremo che l'impatto del coronavirus è stato meno forte quanto a mortalità, ma ben più marcato se si considerano invece i tassi di natalità o di migrazione
Albert Esteve
Direttore del Centro Studi Demografici spagnolo

La demografa e sociologa María Sánchez-Domínguez concorda: "Sia per l'influenza spagnola che per la peste nera la mortalità è stata maggiore. Se guardiamo all'evoluzione di quest'ultima, solo in Europa ha spazzato via una fetta compresa tra un terzo e la metà della popolazione. In un periodo di cinque anni, sono morte 25 milioni di persone. L'aspettativa di vita - che era già molto bassa - si è ridotta drasticamente".

"Anticipare delle morti già programmate"

Secondo Esteve, l'effetto del coronavirus è stato piuttosto quello di anticipare nel tempo dei decessi già in certo modo prevedibili, ovvero quelli di gruppi a rischio o persone vulnerabili.

"Logicamente, ai fini dell'aspettativa di vita, non è la stessa cosa quando a morire sono i giovani rispetto agli anziani", dice il direttore del Centro Studi Demografici.

Questo è uno dei motivi per cui l'indice potrebbe stavolta tornare ai suoi livelli normali più rapidamente. "Se gli scienziati sviluppassero il vaccino contro il Covid-19, ci potrebbe essere un effetto rimbalzo e la mortalità nei prossimi due anni sarebbe minore rispetto ai periodi senza virus".

Anche se per gli esperti di demografia sono ancora tanti i dubbi senza risposta, in teoria - affermano - l'aspettativa di vita "dovrebbe riprendersi" più rapidamente rispetto ad altre pandemie conosciute.

Attenzione agli effetti collaterali a lungo termine

Non è però ancora chiaro "quali saranno gli effetti collaterali a lungo termine del virus", aggiunge Sánchez-Domínguez. Postumi prolungati o cronici potrebbe segnare l'aspettativa di vita a lungo termine.

C'è poi un altro fattore che entra in gioco nella misurazione dell'aspettativa di vita, ovvero il numero di nascite. La Spagna ha avuto un basso tasso di natalità per anni, il che l'ha resa uno dei paesi europei dove nascono meno bambini assieme all'Italia. La crisi del 2008 aveva già colpito duramente il numero delle nascite, e l'impatto di questa crisi sanitaria non dovrebbe essere certo più dolce.

"In un certo senso, il coronavirus ha accentuato una tendenza già in atto. La disoccupazione giovanile è ora molto alta e le famiglie che avevano intenzione di avere figli hanno rinviato la decisione. Data la situazione del Paese, è impossibile", conclude Sánchez-Domínguez.

Per Esteve, la congiuntura economico-sociale gioca un ruolo molto importante e non invoglia certo ad avere bambini. "Il debito sarà un peso per la crescita economica del Paese e farà crollare una fertilità già indebolita". 

"Paradossalmente, tra qualche anno, scopriremo che l'impatto del coronavirus è stato meno forte quanto a mortalità, ma ben più marcato se si considerano invece i tassi di natalità o di migrazione."

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