A insidiare il "satrapo" Lukashenko, al potere da 26 anni, una squadra tutta al femminile guidata da Svetlana Tikhanovskaïa
L'incubo di un'altra Maidan non fa dormire tranquillo Aleksandr Lukashenko, che sull'onda delle presidenziali di domenica teme di essere spodestato da una rivoluzione simile a quella avvenuta in Ucraina nel 2014.
L'uomo che governa la Bielorussia da 26 anni, sente il terreno franare sotto i piedi. Per la prima volta rischia il ballottaggio, con Svetlana Tikhanovskaïa, la più forte tra i candidati in lizza, moglie del dissidente Sergei Tikhanovsky, finito in carcere poco dopo aver detto di voler correre alle presidenziali. Insieme a Maria Kolesnikova, e Veronika Tsepkalo, rispettivamente consorti di altri due oppositori Viktor Babariko, anche lui in galera, e Valery Tsepkalo, in esilio, è riuscita a raccogliere un consenso impensabile qualche anno fa.
"Spero davvero che ci sia finalmente una sollevazione popolare, la palude è stata smossa, spero che qualcosa accadrà. Queste tre nostre donne sono così intelligenti , così grandi, non ho parole per descriverle", afferma un'elettrice per le strade della capitale.
Un fedelissimo di Lukashenko tuttavia ribatte: "Il nostro presidente è degno del lavoro che fa. Durante i suoi ultimi discorsi, tutti i miei parenti in Russia e all'estero, in Europa, hanno pianto".
In alcuni seggi del Paese, dove il voto è stato anticipato, l'affluenza è stata di più del 32%, hanno comunicato le autorità.
Gli aventi diritto al voto sono 6.844.932. Le liste degli elettori comprendono anche 5.319 cittadini bielorussi residenti all'estero.
Oltre al presidente uscente Lukashenko, sono candidati l'ex parlamentare Anna Kanopatskaya, il presidente del Partito socialdemocratico bielorusso Hramada Sergei Cherechen, il copresidente dell'associazione "Tell the Truth" Andrei Dzmitrieu, e Svetlana Tikhanovskaïa.
Tikhanovskaïa e Cherechen hanno denunciato rappresaglie contro membri del loro staff elettorale da parte delle forze di sicurezza. Fermati anche numerosi giornalisti stranieri, che stanno seguendo con difficoltà le elezioni, alle quali non sono stati ammessi osservatori internazionali.