Cent'anni fa finiva la Grande Ungheria: perché per molti ungheresi è una ferita ancora aperta?

Questa mappa al Trianon Museum di Szeged mostra i confini dell'Ungheria prima e dopo la prima guerra mondiale
Questa mappa al Trianon Museum di Szeged mostra i confini dell'Ungheria prima e dopo la prima guerra mondiale Diritti d'autore AFP
Di Alasdair Sandford
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Il 4 giugno 1920 la firma del trattato del Trianon sancì la disgregazione dell'impero austro-ungarico, che perse il 67% del proprio territorio e il 57% della popolazione. Con conseguenze che si fanno sentire ancora oggi

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In alcune aree rurali dell'Ungheria i cartelli stradali mostrano ancora la mappa del paese così com'era un secolo fa: molto più esteso rispetto ad oggi, prima che il trattato di Versailles smembrasse quello che fino al termine della Grande Guerra era un impero.

Cent'anni fa, il 4 giugno 1920, l'Ungheria e le potenze alleate firmavano nel palazzo del Grand Trianon  uno dei numerosi accordi che conclusero la prima guerra mondiale. Molti ungheresi considerano il trattato una tragedia nazionale. Le bandiere sventoleranno a mezz'asta e, nonostante le restrizioni per il coronavirus, nei prossimi giorno sono previsti una serie di eventi in tutto il paese.

L'accordo - anche se gli ungheresi tendono a preferire definizioni come "dittatura", "trauma" o "tragedia" - certificò il crollo dell'impero austro-ungarico, che fu smembrato e perse il 67% del suo territorio e il 57% della sua popolazione (non sono solo ungheresi ma anche altre etnie che vivevano in quei territori).

Più di 3 milioni di ungheresi si ritrovarono a vivere fuori dal proprio paese. Ancora oggi circa 2,5 milioni di persone di origine ungherese vivono in questi territori.

"La cosa più dolorosa è che, sebbene i vincitori della guerra abbiano dichiarato che avrebbero tenuto conto della realtà etnica nel tracciare i confini, alla fine non l'hanno fatto nemmeno quando avrebbero potuto farlo - , dice a Euronews lo storico ungherese Ignac Romsics - molti territori dove gli ungheresi erano in maggioranza sono stati annessi ad altri Stati".

Euronews
L'Ungheria prima e dopo il trattato del TrianonEuronews

"Una ferita ancora aperta"

Per Daniel Bartha - direttore del Centre for Euro-Atlantic Integration and Democracy, un think tank indipendente nato nel 2001 per promuovere il dialogo Euro-Atlantico - il trattato del Trianon è "una ferita aperta che fondamentalmente ha un impatto enorme ancora oggi".

"Quasi tutti - dice Bartha a Euronews - hanno un familiare che ha dovuto lasciare la propria casa per trasferirsi o da cui sono stati separati per decenni perché si sono ritrovati a vivere in un paese straniero in spesso sono stati considerati cittadini di secondo piano".

"Il Trianon è ovunque, fa parte della nostra cultura, della nostra musica, della nostra storia e della nostra politica è molto difficile capire l'Ungheria senza capire l'impatto del trattato".

Intere porzioni di territorio andarono a Cecoslovacchia, Austria, Jugoslavia e Romania, a cui fu assegnata tutta la Transilvania. Milioni di ungheresi si trovarono di colpo a vivere all'estero. Il trattato ridusse anche a sole 35.000 truppe la dimensione delle forze armate ungheresi.

Le potenze alleate volevano preservare la stabilità e il governo ungherese accettò le condizioni, ritenendo che resistere sarebbe stato inutile, oltre che pericoloso.

Nel periodo tra le due guerre il risentimento per il trattato culminò con la scelta del governo ungherese di entrare nella seconda guerra mondiale al fianco della Germania nazista. La sconfitta però portò alla perdita del territorio riconquistato e al ripristino dei confini di Trianon.

L'Ungheria fu poi inghiottita per oltre 40 anni dall'Unione Sovietica, la cui caduta generò un nuovo trauma nel paese, che ha faticato ad integrarsi con l'Europa occidentale.

Tensioni mai del tutto sopite

Le ricadute di Trianon riecheggiano oggi nelle tensioni tra l'Ungheria e i suoi vicini. Dopo essere salito al potere nel 2010, Viktor Orban ha dichiarato il 4 giugno "Giornata della coesione nazionale".

Inoltre ha concesso la doppia cittadinanza e il diritto di voto ad oltre un milione di non residenti, molti dei quali hanno votato per il suo partito, Fidesz, alle elezioni ungheresi.

Il post di Orban con la mappa della Grande Ungheria è stato condannato dal presidente croato Zoran Milanovic. Il mese scorso il parlamento rumeno ha approvato un disegno di legge che dichiara l'anniversario del Trianon un giorno di commemorazione, una decisione definita "provocatoria" dai gruppi ungheresi.

Tensioni mai del tutto sopite sono riaffiorate anche dopo tentativo fallito di dare più autonomia alla Terra dei Siculi, una zona della Transilvania orientale abitata prevalentemente da un sottogruppo etnico ungherese.

AFP
Un monumento celebrativo al confine tra Ungheria, Romania e SerbiaAFP

Rapporti di buon vicinato

Nonostante le tensioni create dal centenario del trattato, per Bartha l'Ungheria vuole tenere buoni rapporti con i vicini.

"C'è l'intenzione di mantenere buoni rapporti con la Slovacchia e la Serbia e di non provocare nessuno", ha detto Bartha, aggiungendo che l'Ungheria vuole normalizzare anche i rapporti con l'Ucraina, che sono stati freddi negli ultimi anni. "Ovviamente le tensioni con la Romania sono un po' più forti - ha aggiunto - penso sia opportuno non alzare i toni durante le commemorazioni per non provocare i paesi vicini".

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Per il professor Thomas Lorman della University College London la maggior parte degli ungheresi oggi è concentrata sul presente e sulle attuali difficoltà delle minoranze ungheresi all'estero.

"Un gran numero di ungheresi è preoccupato per quello che sta succedendo alle minoranze ungheresi al di fuori dell'Ungheria, perché il loro numero sta diminuendo piuttosto rapidamente, e questo solleva ogni sorta di preoccupazione - dice Lorman a Euronews - a generare davvero nervosismo e paura è quello che sta succedendo alle minoranze ungheresi ora, non quello che è successo alle minoranze ungheresi cento anni fa".

A Levice, nella Slovacchia occidentale, l'associazione locale Reviczky sta lavorando per preservare la cultura della sua comunità ungherese in contrazione. Cento anni fa la popolazione della città, parte dell'impero austro-ungarico, era per il 90% ungherese. Ora è quasi al 90% slovacca.

Nonostante i disordini che l'Europa centrale ha vissuto nell'ultimo secolo, il vicesindaco di Levice, Csaba Tolnai, sostiene che la città vuole mantenere la sua tradizione multietnica.

"Non sappiamo cosa ci riserva il futuro - dice Tolnai a Euronews - ma la lingua ungherese non si estinguerà a Levice. E nemmeno la cultura ungherese".

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