Gli abitanti della baraccopoli di Villa Azul a Quilmes, città nella parte sud della Gran Buenos Aires, sono confinati all'interno del quartiere da martedì, condannati a restare nella loro miseria per almeno due settimane.
Sono circa 5.000 e nessuno di loro potrà uscire. Gli abitanti della baraccopoli di Villa Azul a Quilmes, città nella parte sud della Gran Buenos Aires, sono confinati all'interno del quartiere da martedì, condannati a restare nella loro miseria per almeno due settimane.
L'intera area è sigillata da un grande spiegamento di forze di polizia, il destino di queste povere famiglie ormai legato all'evoluzione del nuovo coronavirus.
Le autorità argentine hanno deciso di apporre i cordoni sanitari alla villa miseria - come vengono definite le favelas in Argentina - dopo l'individuazione di 53 casi di positività al Covid-19. Una baraccopoli in quarantena ad appena una quindicina di chilometri dalla Casa Rosada, dove ha sede la presidenza argentina.
Circa 50 nuovi casi sospetti di contaminazione sono attualmente in fase di verifica.
Il governo della provincia di Buenos Aires ha spiegato che Villa Azul è stata circondata dalle forze di sicurezza e nessuno è autorizzato ad andarsene, se non per motivi di salute.
"Mi sento prigioniero", dice José Sequeira, 63 anni, uno degli abitanti, all'agenzia France Presse. Fino a settimana scorsa lavoravo. Ho dei soldi da parte, ma se non posso uscire a comprare qualcosa, non so cosa mangerò".
Il governo ha assicurato fornitura di prodotti alimentari e igienici, medicinali e disinfettanti, tra la popolazione civile, anche se non è stato specificato in che quantità e con quanta frequenza.
In Argentina le misure di contenimento parziale sono state introdotte lo scorso 20 marzo ma nei quartieri più poveri, dove il sovraffollamento nelle abitazioni è la norma, è di più difficile applicazione.
Nella sola Buenos Aires circa 350mila persone vivono nelle villas. Questo numero cresce se consideriamo anche la cintura periferica e arriva a toccare i 3 milioni di persone, disseminate in 1.800 quartieri poveri dove spesso mancano sia l'acqua potabile che i servizi di base.