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Fusione Intesa-Ubi, Lannoo (CEPS): "Un passo avanti"

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Di Michele Carlino
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Ai timori per i 5000 esuberi si aggiungono le valutazioni positive per una riduzione della frammentazione del panorama bancario italiano

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Secondo i sindacati di categoria la fusione Intesa San Paolo-Ubi Banca cancellerà cinquemila posti di lavoro e accentrerà verso l'alto il mercato bancario rivolto ai privati, allontanando i centri decisionali dalla cosiddetta economia reale. Tuttavia, a sentire gli esperti, l'operazione, riducendo la frammentazione che indebolisce il sistema bancario italiano, finirà per avere ricadute positive sia a livello nazionale che europeo. Ne abbiamo parlato con Karel Lanoo, Amministratore delegato del CEPS, un think-tank con base a Bruxelles.

L'operazione di fusione vale quasi 4,9 miliardi di euro, e riguarda la prima e la terza banca italiana per importanza. Come giudica questo progetto?

"È un passaggio utile verso il consolidamento. In Italia Ubi Banca è un piccolo istituto, se visto coi parametri europei, ma insieme a Intesa San Paolo dà vita a una grande banca, la settima a livello europeo. Un consolidamento nel settore bancario è qualcosa che in Italia si aspettava da tempo, poiché ci sono due grandi banche, Unicredit e Intesa San Paolo, e tutte le altre sono piccole, secondo la misura europea, se non molto piccole. Alcune di esse inoltre hanno sofferto problemi negli anni scorsi, quando abbiamo visto casi di aiuti di stato. Personalmente giudico questo un processo salutare al livello nazionale. Naturalmente la domanda è perché non avere questo anche al livello europeo. (...) Intesa ha una ottima reputazione a livello europeo, è un istituto ben diretto e genera buoni profitti, tutto ciò si riflette sul valore delle azioni sui mercati. che è piuttosto interessante. Chissà se Intesa non parta da qui per diventare un player europeo".

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