Voto in Israele: Netanyahu lotta per la sua sopravvivenza politica

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Di Sergio Cantone
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Se le proiezioni elettorali Israeliane venissero confermate, Bibi non avrebbe i numeri per formare un governo.

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Del doman non v'è certezza. Con il 92% di schede scrutinate, c'è un testa a testa frenetico, all'ultima scheda, tra il Likud del premier uscente, Benyamin Netanyahu, e i Biancazzurri dell'ex generale con tendenze liberal, Benyamin Gantz. Hanno per il momento 32 seggi a testa. Nonostante il blocco di aprtiti pro-Netanyahu sia leggermente in testa con 56 seggi, il capo dell'esecutivo avrebbe bisogno di cinque deputati in più per formare il sesto governo della sua carriera.

A questo punto, il primo ministro uscente dovrà affrontare un duro negoziato per restare a galla, dopo oltre una ventina di anni al vertice, cinque mandati da premier, e un processo per corruzione dietro l'angolo. Infatti l'astrazione pura delle svariate combinazioni di governo fa a pugni con la realtà della contrapartita per un Likud non più dominus assoluto dello spettro politico israeliano. E la testa di Benjamin Netanyahu potrebbe entrare nella lista delle concessioni possibili per fare di un ex avversario un partner ragionevole.

Bibi sarebbe una vittima politica eccellente da esibire fuori e dentro Israele, per far passare il messaggio di un cambio di regime in miniatura. Sì, ma per fare cosa? E lui, lo sperimentato premier conservatore del boom dell'economia digitale made in Israel e del siluramento degli accordi di Oslo, non rinuncia al velo ideologico sotto cui traspare la quetione dell'esistenza stessa dello stato ebraico. 

Lo fa capire, Bibi proclamando: "nei prossimi giorni, negozieremo per creare un forte esecutivo sionista ed evitare un pericoloso governo anti sionista". Traduzione, senza di me la battaglia senza fine per la difesa della patria israeliana non è politicamente percorribile. Conseguenza: il paese cadrebbe in mani inaffidabili, un'autentica minaccia esistenziale per la sua stessa sopravvivenza, tra la minaccia iraniana, la guerra civile siriana e le tensioni di Gaza. 

Ecco perché prima delle elezioni ha promesso l'annessione a Israele di una parrte della Cis-Giordania.

Tra i rischi annovera chiaramente Benny Gantz e i suoi tentativi di restituire alla politica israeliana equilibri centristi attraverso un'azione di governo moderata sulle varie questioni medioriental, che prevederebbe un pensionamento di Netanyahu. 

Potrebbe essere proprio l'ex ministro della difesa, Avigdor Lieberman, con il suo patrimonio di seggi alla Knesset ad avere il ruolo di ago della bilancia. Anche se avrebbe un interesse diretto nell'uscita di scena di Netanyahu.

Lieberman propone un governo di coalizione tricipite tra il suo partito, Yisrael Beitenu, quello di di Gantz, Biancazzurri e il Likud. Ma quest'ultimo dovrebbe consumare l'uccisione del padre, Natanyahu, per dar modo al leader del nuovo conservatorismo radicale, Lieberman, di assumere la guida del sionismo intransigente. 

La variabile dei partiti religiosi ultra-ortodossi potrebbe dare a Netanyahu un appiglio per restare al potere come l'ennesima unica soluzione possibile in un contesto mediorientale completamente destabilizzato. Mentre, per gli altri potenziali partner sarebbe più facile negoziare con un Likud senza Netanyahu, un leader azzoppato dal riscchio di una condanna penale per corruzione.

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