Safer, la petroliera yemenita che rischia di esplodere nel Mar Rosso

Safer, la petroliera yemenita che rischia di esplodere nel Mar Rosso
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Di Selene VerriAlice Tidey
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Abbandonata a se stessa dal 2015, secondo gli esperti la nave cisterna potrebbe provocare un disastro ambientale quattro volte superiore a Exxon Valdez

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Una "bomba galleggiante". Così è stata definita la petroliera ancorata al largo delle coste dello Yemen, nel Mar Rosso, che secondo gli esperti rischia di esplodere da un momento all'altro, provocando una catastrofe umanitaria, ambientale ed economica non solo a livello locale.

La nave cisterna Safer, di proprietà della maggiore compagnia petrolifera dello Yemen, è ormeggiata a circa 7 chilometri dal porto yemenita di Ras Isa, nel nord-ovest del paese, dal 1998. Qui all'epoca veniva utilizzata come deposito e terminal per le esportazioni.

I problemi nascono nel 2015, quando scoppia la guerra civile tra i ribelli Houthi appoggiati dall'Iran e il governo, sostenuto da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Secondo l'Onu, infatti, da allora la petroliera è stata abbandonata a se stessa, senza manutenzione.

Mark Lowcock, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, ha dichiarato la scorsa settimana al Consiglio di sicurezza dell'ONU che i ribelli Houti, che controllano l'area, hanno negato l'accesso a un team di esperti. "Vorrei solo notare - ha aggiunto Lowcock - che questo è particolarmente frustrante se pensiamo che sono state le stesse autorità [Houthi] a scrivere alle Nazioni Unite all'inizio dello scorso anno chiedendo assistenza e promettendo di facilitare il nostro lavoro".

Gas inerte

L'urgenza è dovuta al fatto che la petroliera potrebbe concretamente esplodere da un momento all'altro perché, senza manutenzione, le caldaie hanno smesso di produrre gas inerte.

Il gas inerte, che contiene una minuscola quantità di ossigeno in modo da non consentire la combustione, viene utilizzato per riempire lo spazio al di sopra del petrolio nei serbatoi di stoccaggio, spiega il Conflict and Environment Observatory (Ceobs). Senza gas inerte, è probabile che all'interno dei serbatoi si siano accumulati gas potenzialmente esplosivi.

Un'eplosione o anche un semplice cedimento strutturale potrebbe portare a uno sversamento di 1,14 milioni di barili di petrolio nel Mar Rosso, con conseguenze disastrose sull'ambiente ma anche sull'economia mondiale, secondo Lowcock, che il mese scorso avvertiva che la marea nera potrebbe raggiungere a nord il Canale di Suez, in Egitto, e potenzialmente arrivare fino allo stretto di Hormuz, tra Emirati Arabi Uniti e Iran.

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L'area minacciata dall'eventuale marea neraGoogle Maps

Ambiente ed economia

In un video pubblicato sui social media la scorsa settimana, il governo yemenita ha affermato che la catastrofe ambientale sarebbe quattro volte maggiore di quella provocata dalla fuoriuscita di petrolio di Exxon Valdez del 1989, in cui 260.000 barili di petrolio finirono nelle acque dell'Alaska, in quello che è considerato uno dei peggiori disastri ambientali della storia.

Le prime a subirne l'impatto sarebbero la fauna marina e le comunità che dipendono dalla pesca nei paesi intorno al Mar Rosso, cioè Egitto, Eritrea, Israele, Arabia Saudita, Sudan e Yemen, nonché sulla vita marina.

"Mentre Exxon Valdez ha sversato petrolio nelle fredde acque al largo dell'Alaska, dove la degradazione del petrolio sarebbe stata più lenta che nelle calde acque del Mar Rosso, Ras Isa si trova nei pressi di una delle poche aree marine protette dello Yemen al largo dell'isola di Kamaran, le cui mangrovie e barriere coralline sostengono la pesca locale ", ha detto Doug Weir, del Ceobs, in un post a maggio. E ha continuato: "Le capacità di risposta dello Yemen all'inquinamento locale non sarebbero sufficienti per gestire una fuoriuscita di grandi dimensioni, e a complicare la situazione ci sarebbero le questioni riguardante la sicurezza navale nel Mar Rosso".

Ma il disastro potrebbe avere un grave impatto anche sull'economia mondiale. In uno studio condotto dall'ente di richerca italiano Srm si legge: "Il Canale di Suez si conferma uno snodo strategico per i traffici marittimi mondiali mercantili; oltre il 9 per cento del commercio internazionale del globo utilizza questa grande via di passaggio".

La US Energy Information Administration ha infine calcolato che 4,8 milioni di barili di prodotti petroliferi raffinati su quasi 59 milioni sono passati ogni giorno attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb nel 2016, mentre un terzo dei prodotti petroliferi attraversa lo stretto di Hormuz.

Le autorità Houthi e il governo yemenita, riconosciuto dalle Nazioni Unite, si contendono i proventi del greggio a bordo del Safer, stimati in oltre 60 milioni di dollari (53,8 milioni di euro).

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