Il governo di Addis Abeba ha dovuto inviare l'esercito per riportare la calma nella regione. Secondo Massimo Alberizzi, storico corrispondente del Corriere della Sera in Africa, la causa degli scontri sarebbe di natura economica
Sono almeno 200, stando ai media locali, le vittime dopo quasi una settimana di violenze inter-etniche nello stato di Amhara, nel nord dell'Etiopia. Al centro degli scontri gli Amhara, prevalente nello stato e seconda in Etiopia dopo quella degli Oromo, e i Gumuz, che invece sono maggioranza nel vicino stato omonimo. Addib Abeba ha dovuto inviare l'esercito per riportare la calma.
Gli scontri, si apprende dai media, sono scoppiati alcuni giorni fa, pare per un diverbio fra un camionista e altri lavoratori. Nei primi giorni di violenze pare che siano morte 18 persone, in maggioranza Amhara. Nelle ultime ore s'è scatenata la vendetta di questi ultimi contro i Gumuz. Le due regioni di Amhara e Gumuz stanno cercando di collaborare, ma l'entità delle violenze ha reso necessario la mobilitazione dei militari, di solito considerati come 'extrema ratio'.
Questo giovedì migliaia di persone sono scese in strada in varie città dell'Amhara per protestare contro il governo regionale, accusato di fare poco per difendere i cittadini dalle violenze. Un malcontento che investe anche il nuovo premier Abiy Ahmed.
"Con la sua pacificazione verso l'Eritrea e con le riforme in campo economico, Ahmed ha scontentato parecchia gente, come ad esempio i grandi latifondisti - ci ha detto Massimo Alberizzi, storico corrispondente del Corriere della Sera in Africa e direttore del sito africa-express.info -. C'è uno scontro interno. Io non credo che sia uno scontro ideologico e tribale, il problema è soprattutto di natura economica: tutte le guerre in Africa che noi descriviamo come tribali in realtà non lo sono, ma nascondo invece delle finalità economiche".