Crimea. A due anni dal referendum, migliaia di tatari sfollati vivono in condizioni precarie

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Di Andrea Neri
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Due anni dopo il referendum che ha sancito l’annessione de facto della Crimea da parte della Russia, a Kiev una manifestazione silenziosa ha

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Due anni dopo il referendum che ha sancito l’annessione de facto della Crimea da parte della Russia, a Kiev una manifestazione silenziosa ha ricordato la prima vittima dell’invasione delle forze filo-russe nella penisola.

Il suo nome era Reshat Ametov ed era un tataro di Crimea. Con l’invasione russa si calcola che circa 45.000 persone siano fuggite dalla Crimea. Di queste oltre la metà sono tatari.

Tatara è anche la cantante Jamala che al Festival Eurovision in maggio presenterà un brano dal titolo simbolico: ‘1944’, anno della deportazione dei Tatari di Crimea dalla penisola decisa da Stalin. Una storia che la sua famiglia ha vissuto sulla propria pelle. Sia allora che oggi.

“Il mio scopo è sollevare il problema, raccontare la storia della mia famiglia, raccontare la storia dei Tatari di Crimea per evitare che uno scenario del genere si possa ripetere ancora in futuro. Voglio che la storia sia d’insegnamento per le persone” racconta Jamala.

Il 16 marzo 2014, quando il territorio della penisola era già sostanzialmente controllato dalle forze speciali della Federazione Russa, si tenne il cosiddetto referendum sull’autodeterminazione della Crimea con cui la penisola è stata dichiarata indipendente dall’Ucraina.

L’annessione della Crimea resta una delle numerose spine nel fianco delle relazioni tra Russia ed Unione Europea che non riconosce valore legale al referendum organizzato da Mosca.

Nadiya Dermanska, corrispondente di euronews a Kiev, spiega che con la crisi politico-economica assieme a quelle che il governo ucraino definisce operazioni antiterrorismo nell’Est del Paese “il ritorno della Crimea all’Ucraina è passato in secondo piano. Resta tuttavia irrisolto il problema di migliaia di persone, gli sfollati dalla penisola, la maggior parte dei quali sono disoccupati e costretti a vivere con miseri aiuti dello Stato”.

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