Usa sotto shock. Infuria la polemica sulle armi da fuoco dopo la morte in diretta tv di due giornalisti. Obama: "Il Congresso faccia qualcosa"

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Gli Stati Uniti sono sotto shock dopo l’uccisione in diretta di una giornalista Tv e del suo cameramen. L’omicidio è accaduto in un paese dove

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Gli Stati Uniti sono sotto shock dopo l’uccisione in diretta di una giornalista Tv e del suo cameramen.

L’omicidio è accaduto in un paese dove, secondo le statistiche, dall’inizio dell’anno ad oggi ci sono stati più di 8.500 morti per armi da fuoco (http://www.gunviolencearchive.org/). Tuttavia, né le vittime né l’assassino erano persone comuni. A premere il grilletto l’ex collega Vester Lee Flanagan, 41 anni, morto nella notte in ospedale dopo essersi sparato alla testa mentre tentava di fuggire. A riferirlo le autorità della Virginia, stato americano dov‘è avvenuta la tragedia.

Alison Parker, 24 anni e Adam Ward, 27 anni, lavoravano per l’emittente locale “Wdbj”. Stavano facendo un’intervista per una trasmissione nei pressi di Bridgewater Plaza, vicino Moneta. Conoscevano bene il loro killer. Vester Lee Flanagan, afroamericano, noto nell’ambiente giornalistico come Bryce Williams, era stato dipendente della stessa tv.

Al momento dell’aggressione la giornalista stava intervistando una signora. È stata raggiunta da alcuni colpi di pistola, sei o sette, il tutto ripreso dalla telecamera che mandava in diretta le immagini. Immagini sconvolgenti. Si vede Alison Parker, colpita a morte, accasciarsi al suolo, poi è la volta dell’operatore, Adam Ward. Illesa la donna presente sul posto.

Dopo essersi dato alla fuga, l’assassino ha postato il video dell’esecuzione in rete spiegando su Twitter il motivo del folle gesto: “la reporter avrebbe fatto affermazioni razziste e per questo si era meritata l’assunzione”. Invece l’uomo era stato licenziato da poco e aveva avviato una causa contro l’emittente. Le sue ultime parole, mentre si dava alla fuga, sono state al telefono con la Abc News: “Ho ucciso due persone e la polizia mi sta inseguendo, è ovunque”. Flanagan ha anche inviato una ventina di pagine alla ABC, ora nelle mani degli investigatori, in cui racconta, e giustifica, la sua storia. “Ho pagato la caparra per la pistola il 19 giugno”, si legge nel documento. “La sparatoria nella chiesa di Charleston mi ha mandato fuori di testa, è stata quella sparatoria. E sui miei proiettili ho inciso le iniziali delle vittime”. L’uomo scrive di aver sofferto non solo di discriminazione razziale, ma anche di molestie sessuali e di essere stato oggetto di bullismo sul lavoro in quanto omosessuale: “Ho tutto il diritto di essere arrabbiato, e la strage della Chiesa di Charleston è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.

Immediata la reazione della Casa Bianca. “Le armi da fuoco uccidono più del terrorismo”, ha commentato il Presidente Barack Obama. Dopo aver inviato le condoglianze ai familiari delle vittime, Obama, per bocca del suo portavoce, ha ricordato, ancora una volta, come sia urgente che il Congresso approvi una stretta sulle armi proprio perché non esiste una legge che faccia finire la violenza.

Intanto mentre restano ancora diversi gli aspetti da chiarire montano la polemica e il dibattito sulla questione delle armi negli Usa. I dati sugli omicidi dovuti alle armi da fuoco fano riflettere. Tra il 1992 e il 2012 si sono verificati 292 episodi con un minimo di quattro morti. Se si contano solo i casi nelle scuole o sui posti di lavoro, come quello dell’omicidio in diretta in Virginia, gli Usa vantano il 62% dei casi a livello mondiale.

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