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Ue, scontro sul maxi-bilancio da 2.000 miliardi: von der Leyen difende la proposta, i “frugali” frenano

Da sinistra a destra: Adam Szlapka, Marie Bjerre, Piotr Serafin e Xavier Bettel.
Da sinistra a destra: Adam Szlapka, Marie Bjerre, Piotr Serafin e Xavier Bettel. Diritti d'autore  European Union, 2025.
Diritti d'autore European Union, 2025.
Di Jorge Liboreiro & Paula Soler
Pubblicato il
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Il piano di bilancio europeo proposto da Ursula von der Leyen incontra le prime resistenze: troppe le spese, secondo i Paesi del Nord. Bruxelles punta su nuove tasse e risorse proprie per finanziare sicurezza, coesione e transizioni

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La battaglia politica sul bilancio da 2.000 miliardi di euro proposto dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è ufficialmente iniziata venerdì a Bruxelles, con la prima riunione tra i ministri degli Affari europei. I dubbi, già diffusi, si sono subito concentrati sull’ambizione e sulle dimensioni del piano, che richiederà l’unanimità dei 27 Stati membri per essere approvato.

Definito “il più ambizioso mai presentato” da von der Leyen stessa, il piano è stato accolto con freddezza, in particolare dai Paesi del Nord Europa. “Nessuno è pronto ad approvarlo nella sua forma attuale”, ha detto la ministra danese Marie Bjerre, che guida il dibattito in quanto presidente di turno del Consiglio dell’Ue. “Sarà un confronto lungo, ma l’Europa ha bisogno di un bilancio”.

Il confronto ha riaperto vecchie fratture: da una parte i Paesi più rigorosi in materia fiscale – Austria, Svezia, Finlandia e Paesi Bassi – dall’altra le economie meridionali più favorevoli alla spesa, come Spagna e Francia.

Il finlandese Joakim Strand ha criticato l’aumento della soglia di spesa dall’1,13 per cento all’1,26 per cento del reddito nazionale lordo dell’Ue, definendolo “eccessivo”. Bruxelles stima l’incidenza reale all’1,15 per cento, dopo aver detratto lo 0,11 per cento destinato al rimborso del debito contratto durante la pandemia tra il 2028 e il 2034.

L’austriaca Claudia Plakolm, nel gruppo dei “Frugali”, ha definito la proposta “molto, molto lontana” da una base di consenso: “Abbiamo chiesto un uso più responsabile dei fondi pubblici. Questo progetto non lo è”.

Il polacco Adam Szlapka ha invece elogiato l’ambizione del piano, ma ha chiesto chiarimenti sul peso assegnato a politiche chiave come coesione e agricoltura. Secondo Euronews, i due fondi – storicamente separati – verrebbero accorpati in un’unica voce con nuove regole di gestione e distribuzione.

Critica anche la Spagna: per il ministro Fernando Sampedro, i 2.000 miliardi “non bastano a rispondere alle sfide strategiche dell’Unione”, in particolare se la difesa finisce per drenare risorse da transizione ecologica, trasformazione digitale, politiche sociali e coesione territoriale.

Il bilancio pluriennale dell’Ue, noto come Qfp (Quadro finanziario pluriennale), è finanziato perlopiù dai contributi nazionali, ma von der Leyen propone di aumentare le cosiddette “risorse proprie”: tasse europee su rifiuti elettronici, prodotti del tabacco e grandi imprese, insieme a Ets e Cbam, due strumenti legati al clima e alle emissioni.

In totale, Bruxelles punta a raccogliere oltre 58 miliardi di euro all’anno, abbastanza – secondo la Commissione – per ripagare il debito Covid senza ridurre i fondi strategici.

Capacità fiscale diretta non gradita

Ma l’idea di rafforzare la capacità fiscale diretta dell’Ue continua a incontrare forti resistenze. La Svezia e la Finlandia hanno già bocciato le nuove tasse, mentre la Germania rifiuta qualsiasi ipotesi di nuovo debito comune.

“In questo contesto economico, non possiamo rispondere con un bilancio più grande. Serve fare scelte difficili”, ha dichiarato la svedese Jessica Rosencrantz.

Al contrario, il ministro francese per gli Affari europei ha dichiarato che “senza nuove risorse proprie, le priorità comuni restano solo sulla carta”.

Piotr Serafin, commissario europeo al Bilancio, ha risposto alle critiche difendendo l’impostazione della Commissione. “Non chiediamo nuovi contributi nazionali, ma vogliamo strumenti adeguati per affrontare nuove priorità. L’unico modo è rafforzare le risorse proprie”.

Serafin ha ammesso che il processo è solo agli inizi e richiederà mesi di lavoro tecnico prima di arrivare ai vertici politici. La presidente danese Marie Bjerre ha chiuso la riunione con una nota d’ottimismo: “Siamo tutti consapevoli che l’Europa è a un punto di svolta. Serve un’Europa più forte e più ambiziosa. Su questo possiamo trovare un terreno comune”.

La Danimarca si è impegnata a presentare entro la fine dell’anno un “Nego-box”, base tecnica per i negoziati politici che si svilupperanno nei prossimi due anni. Un compito difficile, ma cruciale per il futuro dell’Unione.

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