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Solo un cambio di regime impedirà all'Iran di dotarsi di un'arma nucleare, dice un esperto a Euronews

Questa immagine satellitare fornita da Maxar Technologies mostra una vista ravvicinata di una cresta dell'impianto di arricchimento di Fordo, in Iran, prima degli attacchi statunitensi, venerdì 20 giugno 2025. (Maxar
Questa immagine satellitare fornita da Maxar Technologies mostra una vista ravvicinata di una cresta dell'impianto di arricchimento di Fordo, in Iran, prima degli attacchi statunitensi, venerdì 20 giugno 2025. (Maxar Diritti d'autore  AP Photo
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Di Sandor Zsiros
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Jacob Kirkegaard ha dichiarato a Euronews che, nonostante gli attacchi americani, l'Iran potrebbe ancora essere in grado di realizzare un programma nucleare

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“L’unico modo per neutralizzare davvero la minaccia nucleare iraniana è un cambio di regime”, afferma Jacob Kirkegaard, senior fellow del Bruegel Institute, in un’intervista a Euronews.

L’operazione americana “Midnight Hammer”, che ha colpito le infrastrutture nucleari di Teheran, è stata definita da Kirkegaard un successo tattico, ma insufficiente a garantire una soluzione strategica. “Per quanto l’operazione rafforzi la posizione interna di Trump, non risolve il problema alla radice.”

Secondo l’esperto, l’Iran potrebbe reagire con attacchi a basi Usa o alle infrastrutture petrolifere del Golfo, ma al momento appare troppo debole militarmente per rischiare una vera escalation.

Una risposta iraniana? Possibile, ma improbabile

L’esperto ritiene che una rappresaglia iraniana sia improbabile, anche se tecnicamente possibile. I principali proxy regionali dell’Iran – Hamas, Hezbollah e Houthi – sono oggi in difficoltà.

“Se l’Iran colpisce direttamente obiettivi americani, Trump potrebbe allargare il conflitto. Teheran lo sa, e lo teme.”

Kirkegaard intravede una possibilità di dialogo diplomatico, ma con condizioni diverse dal passato: “Potremmo avvicinarci a un Jpcoa 2.0, ma sarà molto più intrusivo. E non è detto che l’Iran accetti. Una via per la pace esiste, ma non è affatto garantita.”

Impianti colpiti, ma la bomba resta possibile

Attualmente non è chiaro quali danni reali abbiano subito i siti nucleari di Natanz e Isfahan. Se disattivati, rallenterebbero l’arricchimento dell’uranio, ma non fermerebbero il programma.

L’Aiea stima che l’Iran abbia già 400 kg di uranio arricchito al 60 per cento. Più che sufficiente, con il know-how, per produrre una bomba.”

In altre parole, anche se gli impianti sono stati colpiti con successo, l’Iran potrebbe avere riserve nascoste e restare tecnicamente in grado di costruire un’arma.

“L’Iran è ancora una potenza di soglia. Se domani il regime decidesse di costruire una bomba, potrebbe riuscirci.”

Kirkegaard è chiaro: la minaccia non è scomparsa, solo ritardata. Per questo ribadisce che non esiste soluzione militare permanente. Solo un profondo cambiamento interno – politico e ideologico – potrebbe fermare l’ambizione atomica iraniana.

Trump, il presidente che ha colpito l’Iran

L’attacco segna anche un passaggio importante nella carriera politica di Donald Trump.

“Trump sarà ricordato come il presidente che ha bombardato l’Iran. È un punto di forza nel campo dei falchi e degli elettori MAGA.”

Secondo Kirkegaard, Trump non supererà però la linea rossa dell’invasione terrestre. “Non ci saranno stivali americani in Iran. Non lo farà, lo sa. Ma ora può dire: io ho agito, gli altri no.”

Europa esclusa e silenziosamente complice

Kirkegaard è netto sul ruolo europeo: irrilevante.

“L’incontro a Ginevra è fallito. Gli iraniani hanno detto chiaramente che non vogliono fermare l’arricchimento. L’Europa non conta nulla.”

Ma l’irrilevanza non coincide con il disinteresse. Al contrario, molti leader europei sono silenziosamente soddisfatti. “Friedrich Merz ha detto che Israele sta facendo il lavoro sporco dell’Europa. È vero. Nessuno lo dirà apertamente, ma molti lo pensano.”

Colpire Teheran, indebolire Mosca

Dietro all’attacco a Teheran c’è anche una strategia indiretta contro Mosca. L’Iran fornisce droni e missili alla Russia. Neutralizzarne la capacità produttiva significa anche limitare il supporto militare a Putin.

“Anche se in pubblico nessuno in Europa loderà Netanyahu, la realtà è che molti Paesi sono felici che le capacità missilistiche iraniane siano state distrutte.”

Ma l’Europa, profondamente divisa internamente, non riuscirà a esprimere una posizione unica. “E solo questo – la mancanza di unità – la condanna all’irrilevanza. È davvero così semplice.”

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