In un'intervista a euronews, l'avvocato dell'ex eurodeputato spiega l'accordo firmato dal suo assistito con la giustizia belga. E conferma il ruolo dei due Paesi
Sono Qatar e Marocco i Paesi coinvolti nello scandalo di corruzione che scuote il Parlamento europeo. A confermarlo è Laurent Kennes, l'avocato dell'ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri, che in un'intervista a Euronews spiega anche l'accordo appena siglato con la giustizia belga dal suo assistito.
Interrogato dai magistrati, Panzeri ha riconosciuto la sua partecipazione a un sistema di corruzione per influenzare le decisioni dell'assemblea comunitaria, mentre in Italia è appena stata arrestata la sua commercialista, Monica Rossana Bellini.
Le ammissioni di Panzeri, il "capo" della rete criminale
"Panzeri oggi ammette di aver partecipato attivamente ad atti di corruzione, legati al Qatar e al Marocco. Quindi di essere stato corrotto e di aver corrotto a sua volta altre persone. E accetta di essere definito come "capo" dell'organizzazione criminale. Questo non significa che fosse l'unico capo. Significa che è uno dei leader di un'organizzazione il cui obiettivo principale era corrompere le persone".
La moglie e la figlia di Panzeri hanno fatto ricorso contro l'estradizione in Belgio. La loro situazione è menzioanta nell'accordo?
"L'interesse per la giustizia è avere informazioni da qualcuno che non ha più alcun interesse a difendersi né ad accusare ingiustamente qualcuno. Ha l'obbligo di dire la verità su tutte le persone coinvolte: in cambio sa qual'è la pena che riceverà e la accetta. Per lui è importante liberarsi di questo fardello, parlare più liberamente e sapere già adesso cosa aspettarsi. E dato che collabora, spera anche di ottenere una certa benevolenza da parte della Procura per la sua famiglia, per sua moglie e per sua figlia, che sono oggetto di procedimenti penali in Belgio".
Può dirci se tra i nomi che Panzeri potrebbe dare alla procura ci sono parlamentari attualmente in carica o figure di altre istituzioni europee?
"No, questo posso dirlo. Ciò significherebbe violare l'accordo che abbiamo con la Procura federale e anche violare un principio. Non è nell'interesse del mio cliente condividere queste informazioni. Comunichiamo nel suo interesse e condividiamo solo ciò che lui vuole che si sappia. Ma non diremo nulla su quegli elementi che darà alla procura per agevolare l'indagine".