Al Lugano Global Forum Prodi e Klaus si confrontano sul futuro dell’Europa: tra crisi americana, dazi, AI e sovranità, Bruxelles rischia l’irrilevanza geopolitica ed economica
Non una conferenza, ma una conversazione. È così che Alan Friedman, ideatore e direttore del Lugano Global Forum, ha definito la due giorni di incontri internazionali appena conclusa nella città ticinese.
“Il Lugano Global Forum non è un forum tradizionale, ma un dialogo tra 150 protagonisti di altissimo livello che si confrontano sulla direzione che sta prendendo l’Europa e il mondo - ha detto Friedman a Euronews - Non vogliamo sfidare Davos: vogliamo qualità, non quantità."
Sullo sfondo, il tema scelto per l’edizione 2025: “The Certainty of Uncertainty – Navigating the New Global Disorder”, ovvero come orientarsi nel nuovo disordine mondiale.
Prodi e Klaus, due visioni opposte
A dominare il dibattito è stato il confronto – intenso ma rispettoso – tra Romano Prodi, già presidente della Commissione europea e padre dell’euro, e Václav Klaus, ex presidente della Repubblica Ceca e storico sostenitore del ritorno alle sovranità nazionali.
“Il diavolo nell’Ue si chiama unanimità”, ha dichiarato Prodi, invitando a superare il diritto di veto che paralizza Bruxelles. “L’Europa deve tornare a decidere, a parlare con una sola voce, o sarà schiacciata dalle grandi potenze.”
Con la sua consueta ironia, Prodi ha aggiunto che l’Unione resta “il miglior pane mai sfornato dalla politica. Peccato però che sia cotto solo a metà”.
Prodi ha insistito sulla necessità di una nuova unità d’intenti, soprattutto in materia di politica estera e difesa. “La democrazia americana attraversa una fase di crisi, ma l’Europa deve evitare di ripetere gli stessi errori. O diventiamo un attore globale, o resteremo un’arena di interessi altrui.”
Di segno opposto la visione di Klaus: “L’Europa non è mai apparsa così divisa”, ha ammonito. “Spetta ai singoli Stati riaffermare la propria sovranità. Bruxelles non dispone del potere necessario per esercitare un’influenza decisiva sul piano politico ed economico mondiale.”
Friedman: “Prodi e Klaus, opposti ma concordi sulla fragilità europea”
Friedman, giornalista economico e saggista statunitense, già corrispondente del “Financial Times” e volto noto della televisione italiana, ha riassunto così il verdetto del Forum: “Romano Prodi, l’europeista, e Václav Klaus, l’euroscettico, sono arrivati alla stessa conclusione: l’Europa è debole, fragile e divisa. Se continua così rischia di essere schiacciata tra i grandi poteri del mondo. Per Prodi la soluzione è rafforzare l’Unione; per Klaus, invece, smantellarla.”
Un paradosso che sintetizza bene il clima politico del continente: un’Europa che oscilla tra spinte centrifughe e l’urgenza di ritrovare un ruolo nel nuovo ordine multipolare.
Dazi e tensioni commerciali: l’economia europea sotto pressione
Il Forum ha posto grande attenzione anche ai rischi economici legati alla politica tariffaria di Washington. David French, vicepresidente della National Retail Federation, la più grande associazione commerciale del settore retail a livello mondiale, con sede a Washington, D.C, ha espresso “forte preoccupazione” per l’ipotesi di tariffe fino al 107 per cento sui prodotti europei – inclusa la pasta italiana – giudicandole “un danno enorme per entrambe le economie”.
La deputata democratica Deborah Ross, eletta alla Camera dei Rappresentanti per lo Stato della Carolina del Nord,ha confermato le tensioni: “La maggioranza degli americani vuole mantenere rapporti solidi con l’Europa, ma i dazi rischiano di incrinare anche i legami politici transatlantici.”
Dal Financial Times, Martin Wolf ha bocciato la strategia di Trump: “Non vi è alcuna logica, né economica né politica, nell’imporre dazi ai Paesi stranieri. È una scelta priva di fondamento intellettuale e strategico.”
Marion Jansen, direttrice per il commercio dell’Ocse, ha invitato Washington e Pechino “a trovare un equilibrio: dazi elevati non fanno bene a nessuno, servono soluzioni condivise per stabilizzare i mercati.”
Tecnologia, AI e rischio sistemico
Oltre ai dossier geopolitici, Lugano ha acceso i riflettori sulla rivoluzione tecnologica.
Markus Plitsch, Ceo di Terra Quantum, ha previsto una crescita “straordinaria” dell’intelligenza artificiale grazie all’integrazione con il quantum computing, la nuova frontiera dell’informatica che sfrutta i principi della fisica quantistica per elaborare informazioni in modo radicalmente diverso e per eseguire enormi quantità di calcoli in parallelo, accelerando in modo esponenziale alcuni tipi di operazioni.
Plitsch ha però auspicato cautela: “Come HAL in 2001: Odissea nello spazio, un giorno l’AI potrebbe anche dire ‘no’ agli ordini umani. Serve una governance globale della tecnologia.”
Un monito che lega innovazione e rischio, due variabili ormai centrali nel futuro dell’economia mondiale.
Europa al bivio, Lugano come laboratorio
Alla fine della due giorni, il bilancio di Friedman è positivo: “Siamo molto soddisfatti di questa prima edizione del Forum. Abbiamo voluto mettere in rilievo alcune verità della geopolitica, come l’impossibilità di chiudere la guerra in Ucraina in modo semplice, proprio perché Trump non vuole irritare Putin. Due giorni di riflessione, due giorni di grande importanza.”
Lugano non punta a sostituire Davos, ma a proporre un modello diverso: meno spettacolo, più contenuto. Un laboratorio alpino di diplomazia, economia e pensiero strategico.
“L’unica certezza – conclude Friedman – è l’incertezza. Ma è proprio in tempi confusi che servono leadership, visione e coraggio.”