COP30 rischia di passare alla storia come un clamoroso flop. Le divisioni hanno vanificato ogni speranza di un impegno per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili.
Tutti gli occhi su Belém nel fine settimana, mentre Paesi divisi si sono affannati per chiudere un accordo finale in una conferenza ONU sul clima scossa da forti turbolenze politiche.
La COP30 è partita con grandi aspettative di un esito storico, anche per la sua vicinanza simbolica alla foresta amazzonica, un regolatore cruciale del clima.
È stato anche il primo negoziato ONU sul clima senza alcuna delegazione statunitense, dopo la controversa decisione di Donald Trump di abbandonare l’Accordo di Parigi. Il carisma del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha spinto verso un accordo finale ambizioso.
Ma è servito? E cosa hanno prodotto due settimane di trattative estenuanti? Ecco cinque risultati chiave della COP30 e cosa significano per il futuro.
Nessun impegno per l’uscita dai combustibili fossili
Sebbene la transizione dai combustibili fossili non fosse inizialmente all’ordine del giorno ufficiale della COP30, lo slancio politico attorno al tema lo ha trasformato rapidamente in un punto caldo del negoziato.
Alcuni Paesi puntavano a una tabella di marcia per questa transizione. Non un testo prescrittivo, ma una cornice entro cui ciascuna nazione potesse fissare i propri obiettivi.
Oltre 90 Paesi, tra cui Regno Unito, Germania e i Paesi Bassi, hanno sostenuto l’idea di una tabella di marcia. Lula da Silva ha invitato il mondo a “iniziare a pensare a come vivere senza combustibili fossili”.
Nonostante il sostegno crescente, ogni riferimento ai combustibili fossili è stato cancellato dall’accordo nelle ultime ore del vertice. Paesi ricchi di petrolio come l’Arabia Saudita hanno bloccato l’impegno.
La decisione ha suscitato forti critiche. Doug Weir del Conflict and Environment Observatory ha definito il testo finale un “fallimento morale” per le comunità che già subiscono gli impatti peggiori della crisi climatica.
“Con la tabella di marcia sui fossili completamente accantonata, la COP ha mosso appena di un soffio l’ago della bilancia verso la fine della dipendenza dai combustibili fossili”, aggiunge Weir.
“Non siamo più avanti di quanto lo fossimo a Dubai due anni fa e ci attende una salita ancora più ripida.”
C’è ancora speranza per un futuro senza combustibili fossili?
Sebbene i combustibili fossili siano stati esclusi dal Global Mutirão, che in portoghese significa impegno collettivo, alcuni analisti sostengono che sotto il testo si siano mosse le “placche tettoniche”.
Gli accordi al vertice ONU richiedono il consenso di tutte le parti, quasi 200 Paesi. Per questo i progressi sono spesso lenti e graduali. Ora i Paesi più ambiziosi sembrano voler spingere per una tabella di marcia sull’uscita dai fossili al di fuori del processo COP.
Lula ha usato il palco finale per ribadire la necessità di una tabella di marcia per porre fine ai combustibili fossili, lanciando un gruppo di lavoro che invita oltre 85 Paesi a delineare volontariamente i propri piani di transizione verso l’energia pulita.
Ha sostenuto pubblicamente la conferenza della Colombia Global Fossil Fuel Phaseout (uscita globale dai combustibili fossili), che sarà co-ospitata con i Paesi Bassi ad aprile del prossimo anno.
“Lo stallo mostrato in Brasile rafforza il caso per la negoziazione di un Fossil Fuel Treaty (Trattato sui combustibili fossili) — un quadro complementare per una transizione giusta in linea con l’obiettivo di 1,5 °C”, afferma la Fossil Fuel Treaty, una rete di quasi 4.000 organizzazioni della società civile che chiedono un’uscita globale dai combustibili fossili.
“Il Trattato proposto sbloccherebbe ciò che la COP30 non è riuscita a fare: calendari equi per l’eliminazione, strumenti finanziari per garantire una transizione giusta ai Paesi in via di sviluppo e un meccanismo di non proliferazione per fermare nuove espansioni dei combustibili fossili.”
La “COP della verità”
La lotta alla disinformazione climatica è stata meno controversa: tutte le parti hanno riconosciuto la necessità di rafforzare l’integrità delle informazioni per un’azione climatica efficace.
Il riconoscimento dell’integrità delle informazioni nell’accordo della COP30 è stato descritto come un “forte segnale politico” sull’importanza di informazioni accurate, sulla tutela della scienza del clima e sulla messa in luce degli interessi del settore privato, in particolare Big Tech e l’industria pubblicitaria, per limitare contenuti irresponsabili.
È la prima volta che gli Stati si impegnano formalmente a proteggere l’integrità delle informazioni e a contrastare la disinformazione climatica.
“Riconoscendo l’integrità delle informazioni nel testo della COP30, la comunità internazionale ha compiuto un passo importante per tutelare il dibattito pubblico dalla manipolazione e rafforzare il nostro impegno condiviso alla trasparenza”, afferma Heidi Hautala, già vicepresidente del Parlamento europeo.
“La verità è essenziale per l’azione climatica. Con l’integrità delle informazioni nel testo della COP30, il mondo ha rafforzato l’impegno verso trasparenza e responsabilità democratica.”
La deforestazione passa in secondo piano
Nonostante la cornice simbolica dei polmoni della Terra, la ministra dell’Ambiente brasiliana Marina Silva non è riuscita a inserire nell’accordo centrale una tabella di marcia per porre fine alla deforestazione.
L’impegno è caduto quando è stato collegato alla tabella di marcia sui combustibili fossili, osteggiata con forza dai cosiddetti petro-Stati. Alcuni critici parlano di sabotaggio strategico del ministero degli Esteri brasiliano, che da tempo vende il petrolio del Paese all’estero.
Il Brasile ha però presentato un fondo d’investimento da miliardi di dollari chiamato la Tropical Forest Forever Facility (Fondo Foreste Tropicali per Sempre). L’iniziativa, fuori dall’ambito ONU, punta a pagare i Paesi perché mantengano gli alberi in piedi.
La Germania si è già impegnata a contribuire con 1 miliardo di euro nel prossimo decennio alla Tropical Forest Forever Facility, mentre la Norvegia ha promesso 30 miliardi di corone (circa 2,5 miliardi di euro) sotto forma di prestiti su 10 anni, a condizione che altri donatori seguano l’esempio.
Triplicare i fondi per l’adattamento climatico
I Paesi hanno concordato di triplicare i finanziamenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici, cioè risorse dei Paesi ricchi per aiutare quelli in via di sviluppo a proteggersi dagli effetti del riscaldamento globale.
È un progresso rispetto al precedente impegno di raddoppiare i fondi. Ma l’obiettivo di 120 miliardi di dollari l’anno (circa 104 miliardi di euro) è stato rinviato di cinque anni, al 2035.
Harjeet Singh della Satat Sampada Climate Foundation ha definito l’esito un “insulto per ogni comunità oggi sott’acqua o in fiamme”, sostenendo che la tempistica stabilita ignora “l’urgenza dei disastri climatici che ci colpiscono oggi”.
Prossimi passi
Il Brasile vuole mantenere lo slancio sul fronte delle tabelle di marcia contro la deforestazione, guardando ad altri Paesi perché contribuiscano al suo fondo per la foresta pluviale e colmino l’attuale gap di investimenti.
La transizione all’energia pulita sarà al centro di una conferenza ad aprile del prossimo anno, che mira a riunire governi, esperti, leader industriali e popolazioni indigene per tracciare “percorsi giuridici, economici e sociali” verso un’uscita equa e giusta dai combustibili fossili.
Colombia e Paesi Bassi co-ospiteranno l’evento il 28-29 aprile a Santa Marta. La ministra dell’Ambiente Irene Vélez Torres sostiene che il confronto sui combustibili fossili “non può finire” alla COP30.
Il segretario generale dell’ONU António Guterres ha riconosciuto progressi all’edizione di quest’anno, ma ha avvertito che è sempre più difficile raggiungere intese.
“Non posso fingere che la COP30 abbia consegnato tutto ciò che serve”, ha detto. “Il divario tra dove siamo e ciò che la scienza richiede resta pericolosamente ampio.”
Resta l’incertezza su impegni più stringenti alla COP31, che si terrà in Turchia il prossimo anno, con l’Australia designata alla presidenza dei negoziati.