Un'inchiesta del "New York Times", confermata da AP, ha rivelato che gli Stati Uniti hanno rifiutato l'offerta del governo di Nicolás Maduro di lasciare il potere dopo un periodo di transizione di due o tre anni
Gli Stati Uniti hanno respinto una proposta avanzata dal governo venezuelano che prevedeva un’uscita graduale di Nicolás Maduro nei prossimi anni, secondo quanto riportato dall’Associated Press e confermato dal New York Times. L’offerta mirava a una transizione ordinata, ma è stata bocciata da Washington per ragioni politiche fondamentali.
Secondo le fonti americane, funzionari di Caracas avevano proposto che Maduro lasciasse il potere entro due o tre anni, cedendo progressivamente l’autorità alla sua vice, Delcy Rodríguez, che avrebbe completato il mandato fino al 2031 senza ricandidarsi.
L’obiettivo del governo venezuelano era ridurre la pressione internazionale e presentare il piano come una riforma pacifica del potere. Tuttavia, Washington ha giudicato inaccettabile la proposta, continuando a non riconoscere la legittimità dell’amministrazione di Maduro e ritenendo che la transizione proposta avrebbe solo prolungato la sua permanenza al potere.
L’episodio si inserisce in un contesto di crescente tensione tra Stati Uniti e Venezuela. Il New York Times riferisce che l’amministrazione Trump avrebbe autorizzato la Cia a pianificare operazioni segrete contro il regime di Maduro, come parte di una strategia più ampia di pressione. Parallelamente, le forze statunitensi hanno intensificato la loro presenza nel Mar dei Caraibi, colpendo presunte imbarcazioni di narcotrafficanti con legami con il Venezuela.
Da Caracas, Nicolás Maduro ha negato l’esistenza di qualsiasi piano di transizione, parlando di “distorsione mediatica” e accusando gli Stati Uniti di manipolare la verità per dividere il popolo venezuelano. Il presidente ha avvertito che eventuali azioni militari straniere avrebbero conseguenze per l’intera regione. Delcy Rodríguez ha smentito le indiscrezioni, definendo le notizie una “fake news” e parte di una guerra psicologica internazionale contro il governo venezuelano.
Il rifiuto statunitense del piano di transizione ha importanti ripercussioni geopolitiche. Da un lato, rafforza la posizione interna di Maduro, che può mostrarsi resiliente di fronte alle pressioni esterne e consolidare il suo controllo sul Paese. Dall’altro, aumenta le tensioni diplomatiche con gli Stati Uniti, riducendo le possibilità di dialogo e aprendo la strada a ulteriori sanzioni economiche e pressioni internazionali. La situazione ha anche effetti regionali: il Venezuela rimane un attore chiave in America Latina, e l’instabilità interna influenza i Paesi vicini, spingendo Caracas a rafforzare le alleanze con Russia, Cina e Iran, consolidando una rete di supporto politico e militare alternativa a quella occidentale.
Per Washington, il rifiuto segnala l’intenzione di mantenere una posizione di pressione massima sul regime venezuelano, mostrando ai partner della regione e alla comunità internazionale che gli Stati Uniti non intendono tollerare compromessi che possano legittimare Maduro. La scelta di respingere il piano di transizione graduale aumenta la probabilità che il governo di Caracas si trovi sempre più isolato sul piano diplomatico, mentre allo stesso tempo cerca di consolidare il sostegno interno e quello dei propri alleati internazionali.